La discrezionalità della stazione appaltante nello stabilire i requisiti requisiti di capacità economica, finanziaria

La discrezionalità della stazione appaltante nello stabilire i requisiti requisiti di capacità economica, finanziaria

Il Consiglio di Stato in tema di ricorsi in materia di appalti, in una recente sentenza sottolinea che la stazione appaltante è titolare di un margine di discrezionalità nel richiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli normativamente previsti, con il rispetto della proporzionalità e ragionevolezza e nel limite della continenza e non estraneità rispetto all’oggetto della gara.

Tale esercizio di discrezionalità è stato ritenuto compatibile con i principi della massima partecipazione, concorrenza, trasparenza e libera circolazione delle prestazioni e servizi, purché i requisiti richiesti siano attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto e la loro applicazione più rigorosa si correli a circostanze debitamente giustificate (ex multis, Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 3083).

Dunque, se l’Amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tale possibilità (sindacabile in sede giurisdizionale quanto all’idoneità ed adeguatezza delle clausole del bando rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto) incontra il limite che tale scelta non sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2014 n. 2775; id. 22 settembre 2009 n. 5653; id., sez. VI, 23 luglio 2008 n. 3655).

Leggi il testo della sentenza 1329/2020:

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9523 del 2018, proposto da

omissis

contro

Comune di Frosinone, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Marina Giannetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio- sezione staccata di Latina, (Sezione Prima), 30 ottobre 2018, n. 539, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Frosinone;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Leonardo, in dichiarata delega di Clarizia, e Giannetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

  1. Risulta dagli atti che il Comune di Frosinone (di seguito “il Comune”) deliberava (deliberazione di C.C. n. 70 del 7 novembre 2016, pubblicata il 25 novembre 2016) di procedere alla gara per l’affidamento della gestione, nelle forme dell’appalto, del servizio di trasporto pubblico locale (“TPL”) e dei servizi complementari dell’ascensore inclinato e dibike sharing, per la durata di cinque anni e l’importo a base d’asta pari ad euro 9.983,131,20, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, calibrato interamente sul punteggio tecnico (sino ad un massimo di cento punti).

Successivamente venivano approvati (con determinazione n. 416 del 20 febbraio 2018, pubblicata in G.U.U.E. il 20 febbraio 2018) il bando di gara e il documento di gara unico europeo.

  1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio-sezione staccata di Latina, G.E.A.F Gestione Autolinee Frosinone s.c.r.l. (di seguito “GEAF”), società consortile operante nel settore del trasporto pubblico locale e gestore da diversi anni del servizio urbano del comune di Frosinone, impugnava il bando (pubblicato in G.U.U.E. il 20 febbraio 2018 e il successivo 21 febbraio in G.U.R.I.) e gli altri atti di gara (disciplinare e capitolato speciale).

2.1. In particolare, con i motivi di ricorso articolati, GEAF – la quale dopo la notifica del ricorso presentava la domanda di partecipazione e la propria offerta alla gara nei termini prescritti- formulava le seguenti censure:

  1. I)Violazione dell’art. 7, par. 2, del Regolamento CE n. 1370/2007: la stazione appaltante non ha pubblicato sulla G.U.C.E., almeno un anno prima dell’indizione della gara, l’avviso di preinformazione previsto dall’art. 7, comma 2, del detto Regolamento; Violazione della delibera n. 49/2015 dell’Autorità Regolatrice dei Trasporti (di seguito A.R.T.), laddove (misura n. 16) indica in centodieci giorni dalla pubblicazione del bando di gara il termine minimo per la presentazione delle offerte;
  2. II)Violazione della normativa che obbliga le amministrazioni appaltanti a stabilire l’ammontare dell’importo da corrispondere sulla base dell’applicazione dei criteri del costo standard al servizio da svolgere, di cui agli artt. 27, comma 8 bis, del D.L. n. 50/2017, 4, par. 1, punto bii, del regolamento n. 1370/07/CE; mancata predisposizione ed allegazione del PEF simulato (previsto dall’All. A alla delibera A.R.T. n. 26 del 12.3.2015);

III) Eccesso di potere per illogicità a ragione dell’accorpamento in un’unica gara di servizi eterogenei: il Comune ha deciso di prevedere, nell’oggetto del bando, prestazioni ulteriori al servizio pubblico di trasporto locale (i servizi di bike sharing e di gestione dell’ascensore inclinato), senza adottare, come invece prescritto per tale ipotesi dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti, un più complesso piano finanziario, da distinguere per tipologia di servizio, né quantificare i costi dei suddetti servizi, oltre ai potenziali introiti;

  1. IV)Eccesso di potere per violazione del diritto di proroga del servizio in favore della GEAF al fine di consentirle l’ammortamento degli investimenti operati per migliorare l’efficienza e la qualità del servizio esercitato (come peraltro più volte rappresentato dal gestore all’amministrazione comunale); il che avrebbe dovuto indurre quest’ultima a soddisfare la richiesta di proroga del contratto di servizio in essere per tutto il restante periodo di ammortamento ordinario dei succitati beni, secondo quanto espressamente previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, del Regolamento n. 1370/07/CE, o quanto meno a garantire all’operatore uscente di coprire gli oneri economici ancora non ammortizzati, con la specifica indicazione, negli atti di gara, dei beni essenziali oggetto di eventuale trasferimento, nonché del valore potenziale di subentro, così come previsto e disciplinato dalle misure 4, 5 e 6 dello schema di atto di regolazione delle gare disposto dall’ART (Allegato A alla delibera 11.26 del 12 marzo 2015);
  2. V)Illegittimità dell’art. 7 del disciplinare, laddove ai fini della partecipazione alla gara ha richiesto requisiti sproporzionati e illogici, ed in particolare dove:a) ha prescritto alle imprese, a pena di esclusione, il possesso di “un capitale sociale sottoscritto ed interamente versato pari almeno ad euro 1.000.000,00 alla data di pubblicazione del bando” (paragrafo 7, punto d), anziché prevedere il requisito generale di cui all’art. 48 del D.L. n. 50 del 2017 (ovvero il possesso di un patrimonio netto pari almeno al 15% del corrispettivo posto a base di gara); b) ha richiesto, sempre a pena di esclusione, il possesso di modelli di organizzazione e gestione d’impresa definiti ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, da almeno tre mesi prima della pubblicazione degli atti di gara;
  3. VI)Mancata indicazione delle specifiche per il riconoscimento della gradualità dei punteggi da assegnare, illogicità e irrazionalità dei parametri di attribuzione, contraddittorietà nella indicazione degli elementi di comparazione, in ordine ad alcuni dei criteri e dei sub-criteri indicati per la valutazione dell’offerta tecnica e alla mancata indicazione dei parametri per la valutazione dell’offerta economica: si è, in particolare, censurata l’illogicità dei criteri di valutazione previsti e l’elevata discrezionalità attribuita alla Commissione di gara per l’attribuzione dell’intero punteggio (esclusivamente focalizzato sull’offerta tecnica);

VII) previsione nel bando di un criterio di aggiudicazione esclusivamente incentrato sull’offerta tecnica (alla quale può essere attribuito un punteggio di 100 punti), senza previsione di offerta economica.

2.3. Con quattro successivi motivi aggiunti la ricorrente GEAF contestava altresì: a) l’operato del Comune che aveva risposto ai quesiti formulati dai concorrenti una settimana dopo la presentazione delle offerte, in violazione degli articoli 74 e 79 del D.Lgs. n. 50 del 2016; b) le note di diniego del Comune (del 31 maggio e del 5 giugno 2018) alla sua richiesta di differimento del termine per la presentazione delle offerte (atteso che gli operatori economici non erano stati messi in grado di generare il PASSOE e di pagare la c.d. tassa gare all’ANAC, a causa di un CIG non operativo ed erroneo indicato negli atti di gara); c) il contenuto dei chiarimenti, peraltro resi noti dal Comune solo (il 14 giugno 2018) dopo la presentazione delle offerte, in quanto asseritamente modificativo delle prescrizioni della lex specialis, dei criteri d aggiudicazione e dei requisiti di capacità, con particolare riferimento alle specifiche del parco mezzi che ciascun concorrente doveva possedere; d) le risposte fornite alle richieste di chiarimenti in merito al PEF, reso noto ai concorrenti solo in data 14 giugno 2018 (unitamente alle risposte ai quesiti formulati dalla Geaf); con il quarto motivo aggiunto, si asseriva inoltre che il servizio di gestione dell’ascensore inclinato non era oggetto di copertura economica, nemmeno regionale, con conseguente illegittima pretesa dall’amministrazione ad acquisire gratuitamente detta prestazione integrativa dell’appalto.

2.4. Si costituiva in resistenza il Comune che eccepiva in limine l’inammissibilità del ricorso sia per l’inesistenza del diritto alla proroga del contratto per l’appalto del trasporto locale, in titolarità della cooperativa GEAF e da tempo scaduto, sia per omessa impugnativa degli atti preliminari relativi alla determinazione d’indire la gara (delibera C.C. 7.11.2016 n. 70, D.D. 29.8.2017 n. 2131, D.D. 10.11.2017 n. 2745), sia infine per mancata allegazione della domanda della ricorrente di partecipazione alla gara; nel merito, ne argomentava l’infondatezza, chiedendone il rigetto.

  1. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, così accogliendo l’eccezione preliminare sollevata dall’ Amministrazione comunale per difetto di legittimazione ed interesse ad agire in capo alla ricorrente: il Tribunale, richiamati i consolidati principi statuiti dalla giurisprudenza (ed in particolare Ad. Plen. 2003, n. 1), ha ritenuto che, nella fattispecie, non ricorressero le condizioni per l’impugnazione immediata del bando e degli atti di gara, non sussistendo né una lesione concreta ed effettiva della situazione soggettiva della ricorrente GEAF né un suo interesse, connotato da immediatezza, concretezza e attualità, all’impugnazione degli atti gravati costituenti la lex specialisdella procedura, che non contenevano prescrizioni di natura escludente, dirette a impedire la partecipazione alla selezione dell’impresa interessata.
  2. Avverso la sentenza di prime cure GEAF ha proposto ricorso in appello, chiedendone la riforma per i seguenti motivi: “I. Error in procedendo e in iudicando. Violazione della DIR. UE 89/665/Cee e 2007/66/CE. Difetto di istruttoria; illogicità manifesta; perplessità; II. Error in procedendo e in iudicando. Difetto di istruttoria; illogicità manifesta; perplessità”.

4.1. Ha resistito all’appello il Comune che ha, in via preliminare, riproposto le eccezioni di inammissibilità del gravame proposto da GEAF (per mancata presentazione della domanda di partecipazione, per carenza dell’interesse protetto, concreto e attuale, oltre che per tardività, stante l’omessa impugnazione da parte della ricorrente degli atti amministrativi indittivi della gara, antecedenti alla determina di approvazione del bando), chiedendo di confermare la sentenza impugnata o, in subordine, di respingere l’appello per l’infondatezza, nel merito, delle censure formulate con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti.

4.2. A supporto delle sue argomentazioni l’appellante GEAF ha depositato nel presente giudizio una relazione tecnica di parte e relativi allegati sul PEF di gara, di cui il Comune ha eccepito l’inammissibilità ai sensi dell’art. 104, comma 2, cod. proc. amm., poiché in violazione del divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello.

4.3. Abbinata al merito su concorde richiesta delle parti la trattazione della domanda cautelare, all’udienza pubblica dell’11 aprile 2019 è stata accolta l’istanza di rinvio della discussione dell’appello a data da destinarsi, formulata da GEAF “anche ai fini della valutazione dell’interesse alla coltivazione del ricorso”.

4.4. Nell’istanza di rinvio e nelle successive memorie difensive depositate in vista dell’udienza di discussione si rappresentavano, infatti, le ulteriori vicende sopravvenute alla proposizione dell’appello, evidenziando, da ultimo, che la gara in oggetto si era conclusa, anche a seguito della sentenza del T.a.r. Latina 12 luglio 2019, n. 503 che, accogliendo il ricorso della GEAF avverso l’esclusione, aveva riammesso gli operatori economici alla procedura nella quale GEAF era quindi risultata seconda nella graduatoria provvisoria (cfr. memoria per l’appellante del 5 novembre 2019).

4.5. Infine, all’udienza pubblica del 21 novembre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Viene in decisione l’appello della società consortile GEAF, operatore nel settore dei trasporti pubblici locali e gestore uscente del servizio urbano di trasporto del Comune di Frosinone, avverso la statuizioni della sentenza in epigrafe che hanno dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti proposti in primo grado, per carenza di un interesse attuale e concreto alla decisione delle censure formulate perché, in tesi, rivolte avverso il bando e la lex specialisdi gara che di per sé non presenterebbero alcuna attitudine immediatamente lesiva della situazione soggettiva dell’impresa ricorrente.

5.1. I motivi di appello possono essere così sinteticamente illustrati.

5.2. Con un primo ordine di doglianze, l’appellante GEAF contesta le statuizioni di prime cure che hanno accolto l’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune resistente, siccome fondate, per un verso, anche sull’asserita mancata partecipazione alla gara in oggetto della GEAF (la quale aveva invece tempestivamente presentato la propria offerta) e, per altro verso, su una impostazione erronea e non condivisibile in materia di interesse e legittimazione ad agire nelle gare d’appalto, oltre che contrastante con i principi e la normativa eurounitaria (in particolare, cfr. artt. 1 e 2 della Direttiva c.d. “Ricorsi” 2007/66/CE) che non circoscrivono affatto l’interesse al ricorso alla mera adozione del provvedimento di aggiudicazione, ma anzi riconoscono espressamente la tutela dell’interesse degli operatori economici alla contestazione diretta della procedura ed alla ripetizione della stessa.

In particolare, l’appellante rammenta che le norme richiamate della prefata Direttiva stabiliscono che “Gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di: (…) b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione…”.

La sentenza di primo grado avrebbe, dunque, erroneamente trascurato che l’ordinamento comunitario (come peraltro ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea: cfr. causa C-230/02) ammette la proposizione di ricorsi che contestino specifiche tecniche, economiche o finanziarie indicate nella lex specialis che risultino discriminatorie e riconosce, prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato, il diritto dell’operatore economico di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, contenute nei documenti relativi al bando o al disciplinare, impeditive della partecipazione alla gara, anche nel caso in cui non abbia presentato un’offerta proprio a causa di previsioni che esso operatore assume discriminatorie ed escludenti.

Alla luce dei principi e delle norme sopra richiamati, avrebbe, dunque, errato il Tribunale amministrativo a ritenere che l’interesse all’impugnazione possa sorgere solo in conseguenza dell’aggiudicazione.

5.3. Nella fattispecie- evidenzia l’appellante- erano stati, invece, dedotti vizi inerenti l’indizione stessa della gara, di cui si chiedeva perciò l’annullamento e la riedizione, quanto al contrasto con la normativa comunitaria (con particolare riferimento al Reg. n. 1370/07/CE), anche in ordine alle sue modalità, ed alla sussistenza di previsioni discriminatorie (soprattutto sotto il profilo economico e finanziario), tenuto conto altresì che: a) si verte in tema di gara da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come prevede il bando, che non richiede alcuna offerta economica e dove è prevista l’attribuzione di tutto il punteggio solo per l’offerta tecnica; b) i criteri di valutazione dell’offerta tecnica sono irragionevoli, come pure l’amplissima discrezionalità attribuita alla Commissione giudicatrice; c) è previsto un importo di gara del tutto incapiente che non quota affatto le ulteriori prestazioni richieste, quali il servizio di gestione ascensore inclinato, costringendo quindi gli operatori ad espletare prestazioni in forma gratuita; d) vi era stata anche un’irragionevole abbreviazione del termine per la presentazione delle offerte.

5.4. A fronte di tali previsioni della lex specialis, il Tribunale amministrativo, secondo l’appellante, non avrebbe potuto rilevare la carenza di un interesse attuale e concreto alle censure, dovendo semmai valutare nel merito la fondatezza delle censure formulate.

5.5. Allo stesso tempo, la sentenza di primo grado non si sarebbe conformata a quell’orientamento giurisprudenziale che, sin dalla decisione dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 2003 (fino alle più recenti statuizioni di Ad. Plen., 16 aprile 2018, n. 4), richiamata pure nella sentenza impugnata, non hanno fissato un principio assoluto secondo cui l’impugnativa immediata del bando sarebbe sempre e comunque inammissibile, dovendosi valutare caso per caso le censure proposte e l’interesse fatto valere. Nel caso di specie, dove la ricorrente affermava il suo diritto alla prosecuzione del servizio ai sensi del Regolamento UE n. 1370/07/CE e, in definitiva, contestava in radice l’indizione stessa della gara, non poteva quindi certamente concludersi, come ha fatto la sentenza appellata, per l’insussistenza di un interesse da tutelare (diverso da quello all’aggiudicazione della gara), leso dagli atti impugnati in prime cure.

5.6. Contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, tutte le censure formulate dalla GEAF- sia nel ricorso introduttivo sia nei motivi aggiunti- rientravano, infatti, nella casistica sopra descritta delle clausole immediatamente escludenti “nel senso pur ampliativo delineato dalla giurisprudenza a più riprese citata” (come affermato da Ad. Plen. 4 del 2018 cit.).

5.7. L’appellante ha, dunque, riproposto i motivi di censura articolati avverso il bando e gli atti di gara impugnati in primo grado, tornando, in particolare, a contestare:

1) il contrasto con l’art. 7 del Reg. n. 1370/2007/CE perché la stazione appaltante non ha rispettato la regola di preinformazione sull’avvio della procedura di gara, da pubblicare sulla G.U.C.E. almeno un anno prima della sua indizione;

2) la violazione del termine minimo di centodieci giorni intercorrente tra la pubblicazione del bando di gara e la presentazione delle offerte, come previsto dall’ART (misura 16 dello schema di atto di regolazione delle procedure di gara allegato alla delibera ART n. 26 del 12 marzo 2015);

3) l’incongruità e l’illogicità della quantificazione economica del servizio (con particolare riguardo alla dedotta violazione degli artt. 23 co.12 undecies D.L. 95/2012, 1, co. 84 e 85, L. 147/2013, 27 co. 8 bis D.L. 50/2017, e 4, par. 1, punto bii) Regolamento n. 1370/07/CE del 23.10.2007) in quanto l’importo stimato del servizio, fissato dal bando, non è stato individuato con il criterio del c.d. costo standard, come previsto per legge, ma riportando il corrispettivo del precedente contratto di servizio (non provvedendo nemmeno ad adeguato) e utilizzando un criterio, quello della spesa storica, non più ammesso: il corrispettivo dell’appalto sarebbe, dunque, del tutto incongruo, poiché da un lato fondato solo sul contributo regionale (in violazione delle norme richiamate e dell’art. 1, comma 5, d. M. 157 del 2018 a mente del quale “I costi standard ……….sono utilizzati dagli enti che affidano i servizi di trasporto pubblico locale e regionale come elemento di riferimento per la quantificazione delle compensazioni economiche e dei corrispettivi da porre a base d’aste”), dall’altro non considererebbe voci obbligatorie per legge (quali il valore di subentro a favore del precedente gestore); inoltre, il PEF simulato predisposto dal Comune (contro le previsioni della misura n. 12 punti 3 e 4 della delibera ART) non consentiva di stimare la congruità del corrispettivo posto a base d’asta e la sostenibilità economico- finanziaria delle offerte presentate in gara, né era stato reso noto il corrispettivo, distinto per tipologia di servizio e nelle sue diverse componenti (mancherebbe, infatti, ogni quantificazione economica dei servizi integrativi di bike sharing e gestione dell’ascensore inclinato), nonché la ripartizione dei rischi tra l’ente affidante e il gestore;

4) l’omessa allegazione da parte del Comune alla documentazione di gara del PEF simulato, così da impedire agli operatori economici interessati di conoscere dati essenziali per la formulazione dell’offerta e per il calcolo di convenienza tecnica ed economica della commessa, tenuto conto che il PEF era stato peraltro reso noto alle concorrenti solo in data 14 giugno 2018, dopo la presentazione delle offerte: da esso emergerebbe, in particolare, l’incongruità e l’erroneità dell’importo a base d’asta, perché parametrato ai soli servizi di TPL mediante autobus, con esclusione di quelli di gestione dell’ascensore inclinato e bike sharing, per i quali non sarebbe prevista alcuna forma di remunerazione; il PEF simulato risulterebbe poi gravemente carente, non avendo preso in considerazione dati essenziali e voci di costo/ricavi indispensabili per la formulazione di un offerta seria e attendibile (mancando in particolare ogni riferimento ad elementi di costo quali oneri per infrastrutture, agli investimenti da effettuare e all’andamento dei prezzi per la durata dell’affidamento, nonché al margine di utile e all’equa remunerazione del capitale investito ai fini dell’equilibrio economico dell’azienda, ed inoltre omettendo di includere i costi operativi dell’imposta IRAP e di indicare gli ammortamenti, il fabbisogno finanziario e quello corrente);

5) la violazione, conseguente all’indizione della gara in oggetto, del diritto di GEAF alla proroga del servizio in ragione degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati, come previsto dell’art. 4, par. 4 del Reg. UE 1370/07; anche a non voler concedere la proroga richiesta, il Comune avrebbe l’obbligo di esplicitare nel bando il c.d. valore di subentro, da corrispondere al precedente gestore (così come previsto e disciplinato dalle misure 4, 5 e 6 dello schema di atto di regolazione delle gare disposto dall’ART- Allegato A alla delibera 11.26 del 12 marzo 2015);

6) l’illogicità e la sproporzione di taluni requisiti del bando (in specie, quelli concernenti il possesso del capitale sociale sottoscritto e versato e di idonei modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001 da almeno tre mesi prima della pubblicazione del bando) e, anche in relazione a tale profilo, l’erroneità della dichiarazione di inammissibilità del gravame pronunziata dal primo giudice sull’assunto della possibilità per l’operatore di ricorrere all’avvalimento per dotarsi dei requisiti in parola;

7) la mancata previsione dell’offerta economica e del correlato punteggio, e la decisione di attribuire l’intero punteggio solo all’offerta tecnica sulla base di criteri di valutazione illogici e rimessi all’assoluta discrezionalità dei commissari di gara, senza possibilità per i concorrenti di comprenderne il percorso seguito e gli elementi preponderanti nella valutazione (quanto al criterio 1, 2 e 4);

5.8. L’appellante ha anche criticato le statuizioni con cui il Tribunale amministrativo ha dichiarato inammissibili le censure formulate con i motivi aggiunti in primo grado.

5.9. Per l’appellante andavano infatti immediatamente sollevate, con l’impugnazione avverso gli atti e i documenti di gara, anche tali doglianze con cui aveva lamentato: a) la tardività della risposta della stazione appaltante ai quesiti dalla GEAF in ordine all’interpretazione della lex specialis (poiché intervenuta solo dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, contro le previsioni dell’art. 74, comma 4, del D.Lgs. 18 aprile 2016 n. 50, a mente del quale le ulteriori informazioni sul capitolato d’oneri e sui documenti complementari sono comunicate dalle stazioni appaltanti a tutti gli offerenti “almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la presentazione delle offerte”); b) il fatto che i chiarimenti ai quesiti, oltre che tardivi, avevano anche apportato modifiche significative alla lex specialis (sia al disciplinare sia al capitolato) ai sensi dell’art. 79, comma 2, del D.Lgs. n. 50 del 2016 (in particolare erano stati modificati i criteri di aggiudicazione e le specifiche tecniche concernenti la tipologia di autobus oggetto dell’offerta), con conseguente illegittimità del diniego della stazione appaltante di prorogare il termine per la presentazione delle offerte come richiesto da GEAF e lesione dell’affidamento dell’imprese partecipanti; c) la violazione della par condicio e l’omissione da parte del Comune di informazioni su dati essenziali ai fini della formulazione delle offerte, a causa dell’avvenuta conoscenza del PEF solo dopo la presentazione delle offerte, sì da inficiare la regolarità della gara stessa.

  1. L’appello è infondato.
  2. Le argomentazioni prospettate dall’appellante non possono, infatti, trovare accoglimento, in quanto i motivi di censura formulati con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti e qui riproposte sono, oltre che inammissibili per carenza di interesse all’impugnazione immediata del bando e degli atti di gara, come dichiarato dalla sentenza impugnata, anche infondate (anche in considerazione dei precedenti di questa Sezione su ricorsi in appello concernenti analoghe questioni di impugnative di bandi di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei trasporti pubblici locali da parte di amministrazioni comunali: cfr. Cons. di Stato, V, 21 giugno 2018, n. 3822; V, 20 gennaio 2020, n. 441).

7.1. In primo luogo, il Collegio qui rileva che non meritano le critiche appuntate le statuizioni di prime cure che hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti proposti da GEAF.

Né sovverte le corrette conclusioni cui è pervenuto il primo giudice, in punto di difetto di interesse e legittimazione ad agire, in via diretta e immediata, avverso la lex specialis della procedura, la presentazione da parte di GEAF, dopo la proposizione del ricorso, della domanda di partecipazione alla gara: è dirimente, infatti, al riguardo che, come bene evidenziato dalla sentenza appellata, non emerge dalle ragioni dedotte in giudizio la presenza di clausole escludenti che, in quanto impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, sono di immediata impugnabilità.

Per pacifica giurisprudenza (sin dalla sentenza di Ad. Plen, n. 1 del 2003, con principi ribaditi anche da Ad. Plen. n. 4 del 2018 cit.), le clausole del bando d’immediata impugnabilità – prescindenti dalla loro applicazione e, quindi, dalla partecipazione del ricorrente alla procedura selettiva – sono, infatti, quelle che impediscono all’interessato di prendere parte alla gara o prescrivendo requisiti che non possiede, e non può acquisire, o che al più impongano ai fini della partecipazione oneri incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai concorrenti della gara, dal momento che le clausole in questione appaiono sostanzialmente idonee a precludere immediatamente la stessa partecipazione alla gara e ricollegano alle prescrizioni introdotte un effetto giuridico diretto che appare immediatamente lesivo dell’interesse sostanziale degli aspiranti (Cons. St., IV, 7 novembre 2012 n. 5671)

7.2. Muovendo da tali corrette premesse, bene il primo giudice ha rilevato che non ricorre, nella fattispecie oggetto di giudizio, la presenza di clausole escludenti del genere descritto, e ciò “nemmeno nel senso pur ampliativo” delineato dalla giurisprudenza richiamata dall’appellante.

7.2. In base a quella giurisprudenza (Cons. Stato, V, 20 novembre 2018, n. 6552), le c.d. clausole immediatamente escludenti sono state individuate (da ultimo Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4) nelle: a) clausole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (Cons. Stato, IV, 7 novembre 2012 n. 5671); b) regole che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile (Adunanza plenaria n. 3 del 2001); c) disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; ovvero prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 24 febbraio 2003 n. 980); d) condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente (Cons. Stato, V, 21 novembre 2011 n. 6135; III, 23 gennaio 2015 n. 293); e) clausole impositive di obblighi contra ius (Cons. Stato, II, 19

febbraio 2003 n. 2222); f) bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta ovvero che presentino formule matematiche del tutto errate; g) atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione dei costi della sicurezza “non soggetti a ribasso” (Cons. Stato, III, 3 ottobre 2011, n. 5421)

7.3. Orbene, le censure formulate non hanno in alcun modo evidenziato in che modo le violazioni contestate hanno impedito all’appellante di acquisire piena conoscenza delle regole che disciplinavano lo svolgimento della gara e di conseguenza, le hanno inibito di parteciparvi e di presentare la propria offerta, così arrecando una lesione effettiva, concreta e attuale all’interesse sostanziale dei potenziali operatori economici del servizio pubblico (e, tra questi, della società consortile appellante); né dimostrano l’effettiva ricorrenza negli atti di gara di clausole o condizioni discriminatorie che, in violazione della par condicio, impediscano l’accesso al mercato a concorrenti potenziali (tra cui la GEAF) e compromettano in concreto la contendibilità della gara in oggetto.

  1. In particolare, seguendo l’ordine di trattazione delle censure dell’appello, deve anzitutto rilevarsi come l’omessa pubblicazione dell’avviso di preinformazione di cui all’art. 7 del Regolamento UE n. 1370/2007 non ha in concreto impedito alla società consortile GEAF di partecipare alla gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale del comune di Frosinone (da essa appellante gestito sin dal 1999 ed anche all’epoca della proposizione del ricorso, in regime di proroga tecnica dopo la scadenza contrattuale); né invero GEAF ha esplicitato le ragioni per le quali la violazione di siffatto adempimento le avrebbe precluso di attivarsi, ledendo in concreto il suo diritto di prepararsi al meglio (e per tempo) alla gara.

Può prescindersi al riguardo da ogni valutazione sulla decisione dell’amministrazione comunale di optare per l’affidamento del servizio in questione nella forma dell’appalto (opzione dalla quale, sempre secondo l’amministrazione, deriverebbe l’inapplicabilità alla fattispecie delle disposizioni di cui al citato articolo 7 del Regolamento, secondo quanto chiarito dalla Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 92/01 sugli orientamenti interpretativi concernenti il Regolamento), alla luce della giurisprudenza comunitaria secondo cui l’obbligo di informazione in parola è generalizzato anche agli appalti di servizi pubblici di trasporto con autobus (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Nona Sezione, causa C- 518/17 del 20 settembre 2018).

È invece dirimente al riguardo che quella stessa giurisprudenza da ultimo richiamata ha statuito che, a differenza della mancata pubblicazione del bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, al mancato rispetto dell’obbligo di preinformazione di cui all’art. 7 del Regolamento cit. non segue l’annullamento dell’intera procedura, purché le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli in forza del diritto dell’Unione siano disciplinate dagli ordinamenti giuridici interni di ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività (cfr. Cons. di Stato, V, 20 gennaio 2020, n. 441).

Tanto premesso, il mancato rispetto della regola di preinformazione di cui si duole parte appellante non ha, nella presente fattispecie, alcun attitudine lesiva dell’interesse tutelato dalla disposizione di cui si contesta la violazione (ovvero quello di attivarsi rispetto alle intenzioni dell’amministrazione aggiudicatrice e al tipo di aggiudicazione cui detto ente intende ricorrere e di disporre del tempo necessario per prepararsi al meglio alla gara).

Invero, va esclusa la prospettata lesione dell’interesse idonea a fondare l’immediata impugnabilità del bando di gara, ove solo si consideri che l’appellante non può invocare a tal fine il vantaggio competitivo che da tale omissione potrebbe trarre il gestore uscente dell’appalto (visto che dell’esecuzione del servizio è da anni incaricata essa appellante) e neppure ha dedotto né tantomeno dimostrato che l’indizione della gara possa considerarsi un atto a sorpresa: invero, quest’ultima circostanza va pure esclusa ove si tenga conto che la pubblicazione del bando di gara è stata preceduta, molto tempo prima, dalle deliberazioni indittive della procedura (deliberazione di C.C. n. 70 del 7 novembre 2016, pubblicata il 25 novembre 2016) e che il servizio è gestito da molti anni in regime di prorogatio, in attesa dell’espletamento della gara pubblica per l’affidamento del servizio.

Tali risultanze sono idonee a far emergere, alla stregua del livello di diligenza richiesto ad ogni operatore professionale del settore e ancor più per l’appellante (che da anni gestisce lo stesso servizio oggetto del controverso affidamento, anche nelle more della presente gara in regime di proroga) una consapevolezza della necessità di dar corso ad un nuovo affidamento con carattere di indifferibilità: il che consente di escludere, come bene rilevato dal primo giudice, che la contestata omissione abbia impedito in concreto alla ricorrente di prendere conoscenza delle regole di gara e di formulare un’offerta.

8.2. Allo stesso modo, non è stato dimostrato che la contestata violazione del termine minimo (di centodieci giorni) tra la pubblicazione del bando di gara e la presentazione delle offerte (ai sensi dell’art. 16 dell’allegato A alla delibera ART n. 26 del 12 marzo 2015) abbia impedito all’appellante di partecipare alla gara e di formulare la propria offerta.

Non si è verificata, infatti, nella fattispecie alcuna irragionevole abbreviazione del termine di presentazione delle offerte ad opera della stazione appaltante: la tempistica per la ricezione delle domande di partecipazione (il cui termine scadeva il 6 giugno 2018), rispetto alla pubblicazione del bando (in G.U.U.E. in data 20 febbraio 2018 e il successivo 21 febbraio 2018) consente, infatti, di escludere che nella specie i termini fissati dalla lex specialis (lievemente inferiori rispetto a quello indicato dalla delibera ART e alla luce, inoltre, delle previsioni di cui all’art. 60 del d.lgs. n. 50 del 2016 che, per il computo dei termini di ricezione delle offerte, fa riferimento alla data di spedizione del bando di gara per la sua pubblicazione) fossero eccessivamente esigui e incongrui o non adeguati per la presentazione delle offerte, sì da renderla impossibile o eccessivamente difficoltosa tenuto conto della complessità dell’appalto (anche in considerazione della conoscenza del servizio da affidarsi da parte di GEAF, sulla base della pregressa esperienza quale gestore uscente).

8.3. Inoltre, nessuna delle censure sollevate dall’appellante nel presente giudizio è idonea a dimostrare che il bando e gli atti di gara impugnati fossero in effetti inficiati da profili di illogicità e irragionevolezza sì da rendere aleatoria la remunerazione del contratto di servizio o impossibile o estremamente difficoltoso per l’impresa appellante il calcolo di convenienza economica della commessa per la formulazione di un’offerta seria e attendibile: invero, alla luce delle deduzioni difensive del Comune supportate anche dalla documentazione prodotta, la disciplina dell’offerta e il prezzo a base d’asta risultano chiari con riguardo alla formazione della stessa e all’economicità e convenienza dell’appalto, anche in relazione agli ulteriori servizi integrativi previsti (gestione dell’ascensore inclinato e bike sharing).

L’asserita violazione del principio di garanzia di equilibrio economico della gestione, sollevata sotto vari profili, è, infatti, contraddetta dal Piano Economico Finanziario (PEF) simulato, redatto dalla stazione appaltante. Giova, infatti, evidenziare che l’Amministrazione si è dotata, contestualmente all’atto di indizione della gara (d.d. n. 3078 del 15 dicembre 2017), in attuazione della misura n. 12 della deliberazione dell’Autorità di regolazione n. 49 del 2015, di un PEF simulato che ha confermato la sostenibilità economico-finanziaria dell’appalto (e della connessa gestione per tutta la sua durata) e la congruità del corrispettivo contrattuale; con ciò conformandosi pienamente a detta norma la quale, al comma 4, prevede che “in sede di pubblicazione del bando di gara è reso noto il solo corrispettivo a base d’asta risultante dalla simulazione del piano economico- finanziario di cui alla presente misura, distinto per tipologia di servizio e nelle sue diverse componenti”.

Dal PEF simulato e dalla lex specialis di gara risulta, in particolare, che sia il servizio di TPL mediante autobus sia quello a mezzo di ascensore inclinato sono coperti dal contributo pubblico (che quanto al contributo regionale relativo ai c.d. servizi minimi è destinato a coprire la quasi totalità dei costi di gestione); ulteriori entrate sono previste in favore dell’appaltatore sia attraverso i proventi pubblicitari (in relazione agli introiti derivanti dall’esposizione pubblicitaria sui mezzi e sulle pensiline) sia dal pagamento da parte degli utenti dei biglietti di viaggio per l’utilizzo del servizio di trasporto (per quanto concerne gli autobus e l’ascensore inclinato) e dalle tariffe previste per l’utilizzo delle biciclette (per il bike sharing).

8.4. Pertanto, anche l’avvenuta ricomprensione, nell’oggetto di appalto, di servizi distinti e alternativi rispetto al TPL (per il quale è da escludere che non sia prevista alcuna remunerazione) è censura inammissibile, in quanto non è idonea a rendere la partecipazione impossibile o, comunque, incongruamente difficoltosa. Il PEF simulato ha previsto, per i servizi in questione, sia la voce “entrata” (relativa ai ricavi), sia la voce “spesa” (concernente i costi del loro espletamento): a ciò si aggiunga che, come bene evidenziato dalla difesa del Comune, si tratta di servizi accessori e di modesto valore nell’ambito della complessiva economia della commessa.

8.5. Va poi evidenziato che con le stesse modalità previste per la gara in oggetto è regolato anche il servizio di trasporto pubblico locale che l’appellante svolge per il Comune di Frosinone da svariati anni (senza che GEAF abbia, in alcun modo, dedotto o lamentato l’assenza di remuneratività delle condizioni praticate per il gestore uscente).

Pertanto, non era impossibile per la concorrente, sulla base del corrispettivo del contratto di servizio (costituito per la maggior parte dal contributo regionale e per la residua parte dal ricavo della vendita dei servizi al mercato) e dell’importo stimato per il servizio effettuare preventivamente un calcolo di convenienza economica, tenendo conto dei costi per l’espletamento della commessa (ricavabili anche sulla base dei dati storici e dell’esperienza pregressa quale gestore uscente) sì da valutare l’effettiva remuneratività del servizio oggetto di affidamento già in sede di predisposizione dell’offerta; né l’appellante ha in alcun modo provato che gli atti gara contenessero previsioni tali da rendere eccessivamente oneroso e non conveniente il rapporto contrattuale, stante anche l’assenza di rischi derivanti dalla gestione in capo all’affidatario dell’appalto di servizi; in relazione a quest’ultimo profilo, risulta dal capitolato che i relativi rischi vengono sostanzialmente a gravare per la quasi totalità sull’amministrazione (stante la copertura della maggior parte dei costi con il contributo pubblico regionale, la cui quantificazione, peraltro, non è contestata da parte appellante); il che priva di rilevanza anche la censura sulla mancata ripartizione, negli atti di gara impugnati, dei rischi tra l’ente affidante e il gestore.

Non sovverte poi tali conclusioni neppure la relazione tecnica di parte sul PEF di gara, depositata in atti da GEAF solo nel presente giudizio di appello (il 31 ottobre 2019) in vista dell’udienza di discussione del ricorso.

Per le ragioni evidenziate, bene la sentenza appellata ha escluso che le asserite carenze del PEF (censurate anche con i motivi aggiunti) rappresentino elementi di immediata lesività aventi carattere escludente, tali da impedire la presentazione di un’offerta per nulla remunerativa in quanto gravata da eccessivi oneri e costi che annullino il guadagno e la rendano antieconomica; come pure deve escludersi che la mancata allegazione del Piano Economico Finanziario agli atti di gara pubblicati (in assenza di uno specifico obbligo a riguardo, dovendo essere reso noto, in base alla citata misura 12 della delibera ART 49/2015, soltanto il corrispettivo a base di gara) e la conoscenza del detto Piano dopo la scadenza del termine di presentazione dell’offerta abbia impedito all’appellante di acquisire i dati essenziali per la formulazione dell’offerta stessa e per il calcolo di convenienza tecnica ed economica della commessa.

8.5.1. Non possono, dunque, trovare accoglimento neppure le doglianze concernenti l’incongruità ed illogicità della quantificazione economica del servizio, effettuata con riferimento al corrispettivo del precedente contratto di servizio e non individuato con il criterio del c.d. costo standard.

A tale riguardo, giova evidenziare che nella fattispecie non è riscontrabile alcuna violazione della disciplina normativa di settore in materia di corrispettivo contrattuale del servizio di TPL, né di quella nazionale (d.lgs. n. 422 del 19 novembre 2017 “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59”) né di quella regionale (di cui alla legge regionale Lazio 20 luglio 1998, n. 30 recante “Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale”).

Quanto poi al mancato utilizzo nella gara in oggetto del criterio del costo standard, previsto dal D.M. n. 157 del 28 marzo 2018 (“Definizione dei costi standard dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale e dei criteri di aggiornamento e applicazione”) quale elemento di riferimento che gli enti affidanti dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale utilizzano “per la quantificazione delle compensazioni economiche e dei corrispettivi da porre a base d’aste”, la disciplina invocata dall’appellante non è ratione temporis applicabile alla fattispecie, in quanto entrata in vigore in data successiva alla delibera di indizione della procedura e alla pubblicazione del bando di gara: la fase di indizione e approvazione degli atti di gara si era, dunque, già conclusa ben prima del citato decreto ministeriale che disciplina le modalità del costo standard; ne segue che l’amministrazione, nell’individuare l’importo a base di gara, ha correttamente esercitato il potere di cui è titolare.

8.6. Anche le censure di eccesso di potere per la mancata proroga da parte della stazione appaltante del contratto di servizio scaduto per tutto il periodo di ammortamento degli investimenti effettuati (costituente, invero, l’unico profilo in relazione al quale è contestata l’indizione della gara) sono, come a ragione statuito dalla sentenza di primo grado, inammissibili, non figurando in capo alla GEAF alcuna posizione qualificata al riguardo e tenuto altresì conto del prevalente interesse pubblico, conformemente ai principi di buona amministrazione e tutela della concorrenza, all’indizione della procedura per l’affidamento del servizio già da tempo gestito in regime di prorogatio. Si tratta poi di censura inammissibile per genericità poiché l’appellante non indica né quantifica in alcun modo quali investimenti, in concreto effettuati, siano ancora da ammortizzare.

Sono perciò inammissibili (per le stesse ragioni da ultimo evidenziate) anche le censure inerenti alla mancata esplicitazione nel bando del c.d. valore di subentro a favore dell’appellante, gestore uscente: la mancata previsione di tale valore negli atti di gara peraltro non riveste alcuna attitudine immediatamente lesiva, in quanto non impedisce né la partecipazione alla gara delle imprese concorrenti né la formulazione di un’offerta utile.

8.7. Come correttamente rilevato dalla sentenza appellata non hanno poi natura escludente le prescrizioni che richiedono il possesso di determinati requisiti attestanti la capacità economico- finanziaria e tecnico- organizzativa, con particolare riferimento alla previsione di un capitale sociale pari a circa il 40 per cento del valore annuale del corrispettivo e al possesso di modelli organizzativi ex D.Lgs. n. 231 del 2001 da almeno tre mesi.

8.7.1. Come è noto, la stazione appaltante è titolare di un margine di discrezionalità nel richiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli normativamente previsti, con il rispetto della proporzionalità e ragionevolezza e nel limite della continenza e non estraneità rispetto all’oggetto della gara.

Tale esercizio di discrezionalità è stato ritenuto compatibile con i principi della massima partecipazione, concorrenza, trasparenza e libera circolazione delle prestazioni e servizi, purché i requisiti richiesti siano attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto e la loro applicazione più rigorosa si correli a circostanze debitamente giustificate (ex multis, Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 3083).

Dunque, se l’Amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tale possibilità (sindacabile in sede giurisdizionale quanto all’idoneità ed adeguatezza delle clausole del bando rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto) incontra il limite che tale scelta non sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2014 n. 2775; id. 22 settembre 2009 n. 5653; id., sez. VI, 23 luglio 2008 n. 3655).

8.7.2. Nel caso di specie, può, dunque, ritenersi ragionevole e non sproporzionata rispetto all’oggetto e al valore dell’appalto la richiesta del possesso di un capitale sociale pari a circa il 40 per cento del corrispettivo annuale e al possesso dei modelli di organizzazione ex D.Lgs. n. 231 del 2001, a garanzia della serietà, affidabilità e solidità dell’impresa partecipante. Si tratta, inoltre, di requisiti o già posseduti dall’appellante (cfr. visura camerale in atti dalla quale risulta che l’appellante possiede il requisito di partecipazione del capitale sociale) o in relazione ai quali non è prospettata l’effettiva carenza e, dunque, alcuna lesione attuale per l’interesse dell’appellante; dal che, come bene rilevato dalla sentenza appellata (con motivazioni corrette anche con riguardo alla possibilità per l’impresa concorrente di ovviare all’assenza dei requisiti mediante avvalimento, ove ne sussistano i presupposti di legge), l’inammissibilità delle censure avverso i requisiti di partecipazione per difetto di interesse.

8.8. Sono altresì inammissibili, perché prive di carattere escludente e non immediatamente lesive dell’interesse sostanziale dell’impresa partecipante alla gara, le censure rivolte avverso i criteri di valutazione delle offerte tecniche e l’eccessiva discrezionalità della stazione appaltante: a tale riguardo, l’appellante non ha allegato né tantomeno dimostrato l’impossibilità o, quanto meno, l’estrema difficoltà di concorrere alla gara per effetto dei predetti criteri, sì che possa configurarsi un interesse concreto e attuale alla relativa impugnazione.

8.9. Non possono, infine, trovare accoglimento neppure le censure inerenti all’eliminazione della comparazione dell’offerta tecnica: dette censure, oltre che inammissibili per quanto già detto, sono altresì infondate. Nella gara in oggetto, infatti, la selezione dell’affidatario è stata impostata su criteri tecnici in quanto il corrispettivo all’appaltatore, in base alla disciplina normativa dei servizi di TPL, è, per la maggior parte, rappresentato dal contributo regionale (oltre che per la residua parte dai proventi della pubblicità e dalla vendita dei titoli di viaggio); sicché non vi è, in concreto, un’offerta economica da valutare.

  1. Quanto alle censure formulate con i motivi aggiunti anche esse sono, oltre che inammissibili come bene ritenuto dalla sentenza appellata, anche infondate.

9.1. Con riguardo alle doglianze inerenti ai termini di risposta alle richieste di chiarimenti basta osservare che l’appellante non ha rappresentato che dal lamentato ritardo nel rispondere ai quesiti sono derivate, in ragione di problematicità o criticità riscontrate nell’interpretazione della lex specialis, oggettive preclusioni o difficoltà nella presentazione dell’offerta, che invero è stata presentata entro il termine di scadenza. Non ricorre, poi, nella fattispecie l’asserita violazione dell’art. 74, comma 4, del D.Lgs. n. 50 del 2016, a mente del quale le informazioni sul capitolato d’oneri o sui documenti complementari sono comunicate dalla stazione appaltante a tutti gli offerenti almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte, “sempre che siano state richieste in tempo utile”: il che è da escludere nella fattispecie, considerato che, come bene rilevato dalla sentenza appellata, GEAF ha formulato la richiesta di chiarimenti sulla disciplina dell’offerta “a ridosso della scadenza dei termini di presentazione, laddove a decorrere dalla pubblicazione e dalla conoscenza delle regole di gara avrebbe avuto tutto il tempo utile per formulare domande di chiarimento e per ottenere risposte esaustive”.

9.2. Nemmeno ricorrono nella fattispecie in oggetto le circostanze, rappresentate dall’ «oggettiva preclusione» a partecipare alla procedura selettiva, in presenza delle quali può essere disposta, in base alla disciplina di cui all’art. 79, commi 3, 4 e 5 bis, del D.Lgs. n. 50 del 2016, la proroga dei termini per la presentazione delle offerte “per il periodo di tempo proporzionalmente necessario a ripristinare il normale svolgimento dalla gara” (Consiglio di Stato, sez. VI, 23 marzo 2018, n. 1876). L’appellante non ha, infatti, dedotto concrete ed effettive ragioni di opportunità collegate alla complessità dell’offerta o a problematicità riscontrate nella lex specialis.

Deve, infatti, escludersi il carattere novativo dei chiarimenti forniti dalla stazione appaltante che non hanno arrecato modificazioni e, tanto meno, innovazioni significative alla disciplina della gara. Come bene dedotto dalla difesa del Comune, è stato chiarito all’appellante, da tempo gestore del servizio di TPL nel Comune, che le caratteristiche dei mezzi andava e va riferita a quelli presenti sul mercato (in pratica, si fa riferimento ai medesimi mezzi con cui la società GEAF ha svolto il servizio in oggetto): pertanto, non viene indicata né dimostrata la sussistenza di un interesse effettivo alla proroga dei termini per la presentazione dell’offerta, in effetti tempestivamente presentata dalla società.

9.3. Né è, infine, censurabile l’omessa proroga del termine di presentazione dell’offerta in ragione del mancato perfezionamento del CIG presso l’ANAC. Acclarato che la stazione appaltante ha comunicato a tutti gli interessati che le offerte potevano essere depositate anche in assenza del PASSOE, è sufficiente al riguardo osservare che la mancata indicazione del CIG afferisce alla fase esecutiva (essendo obbligatoria detta indicazione per la stipula del contratto) e non alla fase di scelta del contraente; per altro verso, le censure inerenti all’impossibilità di pagamento del contributo ANAC sono inammissibili per carenza di interesse, in assenza di un provvedimento di esclusione in effetti disposto a ragione di siffatta omissione.

  1. Per le ragioni evidenziate, deve dunque ritenersi che correttamente la sentenza di primo grado ha dichiarato inammissibili per carenza di interesse ad agire il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti, non attenendo le contestazioni articolate dalla ricorrente a profili immediatamente lesivi, in quanto aventi natura escludente tale da impedire effettivamente la partecipazione alla gara.
  2. In conclusione, l’appello va respinto.
  3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante G.E.A.F Gestione Autolinee Frosinone s.c.r.l. alla rifusione delle spese di giudizio a favore del Comune di Frosinone, che liquida forfettariamente in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre oneri accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Federico Di Matteo, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere, Estensore

Stefano Fantini, Consigliere