La Corte Costituzionale sui conflitti finanziari tra Stato e Regioni in tema di finanziamento dei livelli essenziali

La Corte Costituzionale sui conflitti finanziari tra Stato e Regioni in tema di finanziamento dei livelli essenziali

Nella recente sentenza n. 62 del 2020 della Corte Costituzionale si evidenzia che la trasversalità e la primazia della tutela sanitaria rispetto agli interessi sottesi ai conflitti finanziari tra Stato e Regioni in tema di finanziamento dei livelli essenziali, impongono una visione trascendente della garanzia dei LEA che vede collocata al centro della tutela costituzionale la persona umana, non solo nella sua individualità, ma anche nell’organizzazione delle comunità di appartenenza che caratterizza la socialità del servizio sanitario.

Leggi la sentenza:

 

CORTE COSTITUZIONALE
SENTENZA 15 GENNAIO – 10 APRILE 2020, N. 62
SENTENZA N. 62
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Marta CARTABIA; Giudici : Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo
CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 31, commi 4 e 5, 45 e 99, commi da 2 a 17 e 25, della legge
della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di
stabilità regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 10-16 luglio
2018, depositato in cancelleria il 17 luglio 2018, iscritto al n. 44 del registro ricorsi 2018 e pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018.
Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;
udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 2020 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marina Valli
per la Regione Siciliana;
deliberato nella camera di consiglio del 15 gennaio 2020.
Ritenuto in fatto
1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al n. 44 del 2018 del registro generale dei ricorsi,
ha sollevato, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 31, commi 4 e 5, 34, 35, 45, 99, commi
da 2 a 17 e 25, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive
per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale) in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, secondo comma,
lettere e) ed m), e terzo comma, della Costituzione.
2.– Espone il ricorrente che l’art. 31 (Rifinanziamento leggi di spesa. Disposizioni finanziarie) della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2018, stabilisce, al comma 4, che, «[…] a seguito delle norme di attuazione di cui all’articolo 1,
comma 831, della legge 27 dicembre 2006, n. 296», il Ragioniere generale della Regione è autorizzato ad
iscrivere in bilancio la somma «destinata alla maggiore spesa prevista dall’articolo 1, comma 830, della
medesima legge, di cui al corrispondente accantonamento, o, in subordine, al ripianamento del debito pubblico
regionale».
Al successivo comma 5 si prevede che per gli esercizi finanziari 2019 e 2020 – a fronte dell’accertamento
dell’entrata derivante dall’attuazione dell’articolo 1, comma 832, della citata legge n. 296 del 2006 – sia
disposto uno specifico accantonamento in apposito fondo, nelle more della conclusione degli accordi finanziari
con lo Stato e della conseguente emanazione delle norme di attuazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia che la retrocessione delle accise a favore della Regione, in
assenza del contestuale incremento della compartecipazione regionale alla spesa sanitaria rispetto alla quota
del 49,11 per cento prevista a legislazione vigente, comporterebbe oneri a carico del bilancio dello Stato privi di
copertura finanziaria, in violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
Il ricorrente rammenta che l’art. 1, comma 830, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)», nel disporre l’incremento
della quota di partecipazione della Regione Siciliana alla spesa sanitaria, prevede di addivenire al completo
trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio regionale; il successivo comma 831 richiama la
procedura delle norme di attuazione e il comma 832, al fine di dare attuazione al comma 830, prevede
l’attribuzione alla Regione Siciliana del gettito delle accise sui prodotti petroliferi in misura corrispondente ai
maggiori oneri sanitari a carico della Regione rispetto a quelli già stabiliti dal medesimo comma 830.
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, da una lettura sistematica dei menzionati commi da 830 a 832
si ricaverebbe il principio del progressivo trasferimento a carico del bilancio regionale della spesa sanitaria, cui
è legata l’attribuzione di una percentuale compresa tra il 20 e il 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti
petroliferi immessi in consumo nel territorio regionale, solo a compensazione di un ulteriore incremento,
rispetto al 49,11 per cento della quota di compartecipazione regionale alla spesa sanitaria.
2.1.– Per quanto sopra esposto, il ricorrente ritiene che la previsione di cui all’art. 31, comma 4, della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2018, laddove autorizza a iscrivere in bilancio una somma per la maggiore spesa sanitaria da
accantonare o da destinare al ripianamento del debito pubblico regionale, non terrebbe conto del fatto che le
maggiori risorse – riferite a una quota ulteriore rispetto al 49,11 per cento della quota di compartecipazione
regionale alla spesa sanitaria prevista a legislazione vigente – devono garantire la copertura degli ulteriori oneri
sanitari e non potrebbero quindi essere destinate ad altre finalità, anche in considerazione del fatto che la
materia in esame dovrebbe ritenersi afferente ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117,
secondo comma, lettera m), Cost.
In tal senso, quindi, la disposizione impugnata violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela
della salute – in quanto prevederebbe di distrarre le predette risorse per altre finalità diverse dalla spesa
sanitaria – e l’art. 117, comma secondo, lettera m), Cost., laddove tale distrazione non consentisse di garantire i
livelli essenziali delle prestazioni (LEA).
2.2.– Relativamente all’art. 31, comma 5, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il Presidente del Consiglio dei
ministri evidenzia che la legge regionale impugnata prevederebbe, nelle more degli accordi con lo Stato, in
assenza del presupposto giuridico, un accertamento in entrata di somme riferite all’attuazione del predetto art.
1, comma 832, della legge n. 296 del 2006 e un accantonamento ad esso correlato.
Osserva al riguardo il ricorrente che la retrocessione del gettito delle accise di cui all’art. 1, comma 832, della
legge n. 296 del 2006 opererebbe simmetricamente all’incremento della quota di compartecipazione regionale
alla spesa sanitaria prevista a legislazione vigente. Pertanto, l’art. 31 comma 5, della legge reg. Siciliana n. 8 del
2018 si porrebbe in contrasto con l’art. 53 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in
materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei
loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), che prevede per l’accertamento
«la sussistenza di un idoneo titolo giuridico che dà luogo all’obbligazione attiva giuridicamente perfezionata» e,
inoltre, dispone che «[n]on possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le entrate il cui
diritto di credito non venga a scadenza nello stesso esercizio finanziario». Detta norma contrasterebbe, altresì,
con il principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, e, conseguentemente, con l’articolo
117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di
bilancio delle Regioni.
3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna poi l’art. 45 (Trattamento integrativo personale in
quiescenza EAS) della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 81, terzo
comma, Cost.
Espone il ricorrente che detta disposizione stabilisce che il Fondo speciale transitorio ad esaurimento del
personale in quiescenza dell’Ente Acquedotti Siciliani (EAS) in liquidazione, costituito ai sensi dell’art. 67 della
legge della Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015.
Legge di stabilità regionale), può essere destinato anche al trattamento integrativo del personale in quiescenza
dell’EAS in liquidazione, introducendo così nuovi benefici pensionistici con oneri quantificati dalla disposizione
medesima. Osserva in proposito che non sarebbe possibile riscontrare la correttezza di tale valutazione,
mancando anche la relazione tecnica. Ne conseguirebbe che la sostenibilità finanziaria dei citati trattamenti
non sarebbe assicurata dalla legge, avuto riguardo anche al rispetto delle misure di contenimento della spesa di
personale e dei vincoli posti per l’assunzione del personale, e tanto integrerebbe la violazione dell’art. 117,
terzo comma, Cost. e dei principi di coordinamento della finanza pubblica espressi dalle misure di
contenimento della spesa di personale e dei vincoli posti per l’assunzione di nuovo personale.
La disposizione indubbiata si porrebbe in contrasto, altresì, con l’art. 81, terzo comma, Cost. in quanto, in
assenza di elementi informativi sufficienti a definirne gli effetti finanziari, non sarebbe assicurata la copertura
finanziaria degli interventi previsti.
4.– Relativamente all’art. 99, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15 e 25 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il
Presidente del Consiglio dei ministri deduce la violazione dell’art. 81, terzo comma, Cost.
4.1.– L’art. 99 stabilisce quanto segue: «1.Il Governo della Regione provvede, entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle vigenti procedure, ad avviare, ove necessario, la
modifica dei programmi operativi di attuazione della spesa dei fondi strutturali europei e dei fondi nazionali di
coesione, al fine di cofinanziare gli interventi di cui al presente articolo. Restano salvi e impregiudicati gli
interventi approvati con delibera CIPE n. 52 del 10 luglio 2017. 2. Al fine di superare le criticità conseguenti
all’emergenza idrica, alla città di Messina, per le attività di ricerca idrica e la realizzazione delle opere di
approvvigionamento idrico, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di 20.000 migliaia di euro, a
valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. 3.
Per l’abbattimento delle barriere architettoniche è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
10.000 migliaia di euro a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020, di cui 5.000 migliaia di euro riservati agli enti locali e 5.000 migliaia di euro a
soggetti privati. Le risorse sono assegnate con bando emanato dall’Assessorato regionale della famiglia, delle
politiche sociali e del lavoro con priorità per gli edifici scolastici e per gli immobili destinati a sede istituzionale
per i servizi municipali o politico-istituzionali. 4. Al fine di consentire l’adeguamento delle strutture e delle
prestazioni sanitarie in conformità alle finalità di cui al comma l, lettera h), e al comma 3 dell’articolo 6 della
legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018 e per ciascun anno seguente, la
somma di 3.000 migliaia di euro per il potenziamento dei presidi ospedalieri ricadenti nelle zone classificate ad
alto rischio ambientale, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 5. Al fine di bonificare e valorizzare l’area ex Sanderson ricadente nel
territorio della città di Messina, è destinata al comune di Messina, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
25.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 6. Per la realizzazione delle opere previste dalla legge regionale 6 luglio
1990, n. 10 e successive modifiche e integrazioni, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
40.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. […] 8. Con bando dell’Assessorato regionale della salute, ai comuni singoli o
associati, con priorità alle città metropolitane, per la realizzazione dei rifugi sanitari di cui all’articolo 20 della
legge regionale 3 luglio 2000, n. 15 e successive modifiche ed integrazioni, è destinata, per l’esercizio
finanziario 2018, la somma di 20.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione –
Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. […] 11. Per la realizzazione di impianti sportivi e per
gli interventi di recupero edilizio di impianti sportivi esistenti è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la
somma di 13.000 migliaia di euro a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 12. Per la riqualificazione di impianti sportivi già esistenti di proprietà degli
enti locali, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di 25.000 migliaia di euro a valere sui fondi del
Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. […] 14. Per le finalità di
cui all’articolo 9 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione –
Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020, è destinata la somma 50.000 migliaia di euro per il
finanziamento, previa selezione con modalità di evidenza pubblica, di progetti d’importo complessivo fino a 5
milioni di euro promossi da partenariati pubblico-privati composti da comuni, con priorità per quelli ricadenti
nelle Città metropolitane, e soggetti gestori di strutture di cui al Dec. Ass. 13 ottobre 1997 dell’Assessore
regionale per la sanità, e successive modifiche ed integrazioni, ovvero di strutture residenziali per disabili di cui
al D.P.Reg. 25 ottobre 1999 e successive modifiche ed integrazioni, nonché di strutture di cui all’articolo 1 della
legge regionale 8 novembre 1988, n. 39 e successive modifiche ed integrazioni, già accreditati con il Servizio
sanitario regionale, per la realizzazione di interventi per la residenzialità (“Villaggi del Dopo di Noi”) di cui
all’articolo 4, comma 1, lettera c) della legge 22 giugno 2016, n. 112. Con decreto interassessoriale
dell’Assessore regionale per la salute e dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e per il
lavoro, da emanarsi entro il termine inderogabile di 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono definiti i requisiti strutturali ed organizzativi della residenzialità ed i criteri di priorità per l’accesso
ai benefici di cui al presente comma. 15. Al fine di promuovere il recupero, la tutela e la valorizzazione del
patrimonio storico, architettonico e monumentale dei centri dove insistono siti oggetto di riconoscimento da
parte dell’Unesco, è istituito presso l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana un fondo
con dotazione pari a 10.000 migliaia di euro, per l’esercizio finanziario 2018, a valere sui fondi del Piano di
Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020 in favore dei comuni che abbiano
adeguato i piani di gestione dei siti siciliani iscritti nel patrimonio Unesco e i cui comitati di pilotaggio siano
regolarmente costituiti entro e non oltre il 31 dicembre 2018. I comuni nel cui territorio ricadono i beni
delimitano, con delibera del consiglio comunale, l’area all’interno della quale effettuare, anche con il concorso
di privati, gli interventi di recupero, tutela e valorizzazione. […] 25. Per le finalità di cui ai commi 20, 21, 22 e 23
si provvede, fino a 5.000 migliaia di euro, a valere sulle risorse derivanti dal Piano di Azione e Coesione –
Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020».
4.2.– Osserva in proposito il ricorrente che gli interventi di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15 e 25
dell’art. 99 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 non sarebbero provvisti di idonea copertura finanziaria in
quanto le risorse del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) Regione
Siciliana 2014/2020 sarebbero programmate ai fini della realizzazione degli interventi approvati dalla delibera
del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 10 luglio 2017, n. 52, recante
«Programma operativo complementare Regione Siciliana 2014-2020 (Delibera CIPE n. 10/2015) – Accordo di
partenariato 2014-2020 (reg. UE n. 1303/2013)» che il comma 1 dell’art. 99 fa espressamente «salvi e
impregiudicati». Osserva inoltre che non potrebbero ritenersi alla stregua di idonee coperture finanziarie le
previsioni secondo cui «[l]’Assessorato regionale delle attività produttive [è] autorizzato a concedere con
bando contributi […] a valere sulle risorse PO FESR Sicilia 2014/2020» (comma 18) e «[l]’Assessorato regionale
dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea è autorizzato a concedere con bando
contributi […] a valere sulle risorse PO FEAMP 2014/2020» (comma 19), poiché le risorse del Programma
Operativo (PO) Sicilia del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e del Programma Operativo (PO) del
Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) 2014/2020, essendo vincolate alla realizzazione delle
priorità dei citati programmi, verrebbero attivate solo sulla base delle procedure specifiche di gestione degli
stessi, in coerenza con la normativa dell’Unione europea sui Fondi strutturali e d’intervento europei (Fondi SIE)
2014-2020, la cui disciplina deve rinvenirsi nei Regolamento (Ue) n. 1301/2013 del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 17 dicembre 2013 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche
concernenti l’obiettivo “Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione” e che abroga il regolamento
(CE) n. 1080/2006; del Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale
europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli
affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale
europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il
regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio; del Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n.
1081/2006 del Consiglio; del Regolamento (UE) n. 1305/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17
dicembre 2013, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale
(FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio); del Regolamento (UE) n. 508/2014 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la
pesca e che abroga i regolamenti (CE) n. 2328/2003, (CE) n. 861/2006, (CE) n. 1198/2006 e (CE) n. 791/2007 del
Consiglio e il regolamento (UE) n. 1255/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio.
4.3.– In riferimento ai commi 7, 9, 10, 13, 16 e 17 del medesimo art. 99, il ricorrente espone che essi finalizzano
le risorse che dovranno valere sul Fondo sviluppo e coesione (FSC) 2014-2020, nel presupposto che le risorse
che la Regione Siciliana intenda riprogrammare siano quelle assegnate alla Regione medesima con la delibera
10 agosto 2016, n. 26 (Fondo sviluppo e coesione 2014-2020: Piano per il Mezzogiorno – Assegnazione risorse),
per il finanziamento degli interventi ricompresi nel Patto di sviluppo sottoscritto con il Governo il 10 settembre
2016.
Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva che le disposizioni impugnate avrebbero dovuto esplicitare che
l’utilizzo del FSC per le finalità ivi indicate è subordinato all’espletamento della procedura di riprogrammazione
delle risorse assegnate alla Regione Siciliana a valere sul FSC 2014-2020, ai sensi del comma 1 del medesimo
art. 99. In assenza di tale previsione, il ricorrente ritiene che anche detti commi violino l’art. 81, terzo comma,
Cost., in quanto la copertura finanziaria non potrebbe considerarsi certa fino all’espletamento della procedura
di riprogrammazione.
5.– Si è costituita in giudizio la Regione Siciliana.
5.1.– In merito alle censure mosse dallo Stato all’art. 31, commi 4 e 5 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la
Regione rammenta che, in virtù di quanto disposto dal legislatore statale con l’art. 1, comma 830, della legge n.
296 del 2006, vi sarebbe stato il progressivo aumento della quota di compartecipazione alla spesa sanitaria a
carico della Regione, passata dalla previgente misura del 42,50 per cento del 2006 (come previsto dall’art. 1,
comma 143, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, recante «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»)
al 49,11 per cento, decorrente dall’anno 2009. Ai fini del progressivo innalzamento dell’impegno finanziario a
carico della Regione Siciliana i successivi commi 831 e 832 del medesimo art. 1 della legge n. 296 del 2006
stabilivano che l’applicazione delle disposizioni che lo prevedevano restassero sospese fino al 30 aprile 2007,
data entro la quale, come indicato dalla stessa norma, si sarebbe dovuta raggiungere l’intesa preliminare
all’emanazione delle nuove norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana (regio decreto legislativo
15 maggio 1846, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) in materia sanitaria,
prevedendo altresì che, in caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro tale data, per la Regione Siciliana
sarebbe scattata, per il 2007, la percentuale di compartecipazione del 44,09 per cento. Detta disciplina
conteneva anche la previsione che, nelle nuove norme di attuazione in materia sanitaria, lo Stato avrebbe
riconosciuto alla Regione Siciliana la retrocessione di una percentuale non inferiore al 20 per cento e non
superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in consumo nel territorio
regionale. Detta retrocessione sarebbe dovuta aumentare simmetricamente all’incremento della misura
percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria. La quota delle accise da retrocedere alla Regione
doveva essere determinata da un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del
Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della Commissione paritetica prevista dall’art. 43 dello
statuto speciale della Regione.
Nondimeno, prosegue la Regione Siciliana, lo Stato ha ritenuto che tale retrocessione delle accise dovesse aver
luogo solamente a seguito del superamento della percentuale del 49,11 da parte della Regione.
Al riguardo, la Regione Siciliana rammenta di aver sostenuto, sul presupposto della natura non perentoria del
termine di raggiungimento dell’intesa previsto dall’art. 1, comma 831, della legge n. 296 del 2006, la tesi della
valenza triennale della disposizione presente nell’art. 1, comma 830, della medesima legge e che, pertanto, in
mancanza di detto accordo, avrebbe dovuto riprendere vigore la disposizione di cui all’art. 1, comma 143, della
legge n. 662 del 1996, che aveva elevato la misura ordinaria della compartecipazione alla spesa sanitaria a
carico della Regione Siciliana al 42,50 per cento. A fronte della diversità delle rispettive posizioni dello Stato e
della Regione Siciliana la questione risulterebbe ancora attualmente irrisolta, con la conseguenza che è rimasto
nel frattempo esclusivamente a carico del bilancio regionale l’onere dell’innalzamento della quota di
compartecipazione alla spesa sanitaria regionale, senza beneficiare di alcuna retrocessione di parte del gettito
delle accise.
Per tali ragioni la Regione, intendendo anticipare il nuovo negoziato con lo Stato, sulla base della natura
ordinatoria del predetto termine, ha ritenuto che un accordo potesse intervenire anche successivamente alla
scadenza prevista dal citato art. 1, comma 831, e, a tal fine, ha adottato l’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8
del 2018, auspicando che la questione fosse oggetto di trattazione nell’ambito della prevista rinegoziazione
degli accordi tra Stato e Regione, nel solco del percorso negoziale già indicato da questa Corte (è richiamata la
sentenza n. 19 del 2015).
5.2.– Con riferimento all’art. 45 della legge regionale impugnata, la Regione Siciliana evidenzia che,
contrariamente a quanto sostenuto dallo Stato, la Regione aveva successivamente prodotto una relazione
tecnica sull’articolo in esame al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF). Sostiene che la disposizione
impugnata non introdurrebbe nuovi benefici pensionistici ma, piuttosto, mirerebbe a dare attuazione a
specifiche pronunce della giudice del lavoro che avrebbero accolto i ricorsi presentati dal personale in
quiescenza dell’EAS, condannando al pagamento di tali trattamenti il Fondo Pensioni Sicilia.
5.3.– Relativamente alle questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’art. 99, commi 2, 3,
4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15 e 25, nonché con riferimento ai commi 7, 9, 10, 13, 16 e 17 del medesimo art. 99,
secondo la Regione resistente esse dovrebbero ritenersi tutte frutto di un travisamento della natura e degli
effetti delle disposizioni impugnate.
Per quanto attiene alla destinazione delle risorse previste nella delibera CIPE 28 gennaio 2015, n. 10
(Definizione dei criteri di cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di
programmazione 2014-2020 e relativo monitoraggio. Programmazione degli interventi complementari di cui
all’art. 1, comma 242, della legge n. 147/2013 previsti dall’accordo di partenariato 2014-2020), individuate
secondo il Programma di Azione e Coesione (Programma Operativo Complementare) 2014/2020, approvato
dalla delibera CIPE n. 52 del 2017 – per le finalità di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15 e 25 dell’art. 99
della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, obietta la Regione che il comma 1 della medesima legge farebbe «salvi e
impregiudicati» gli interventi approvati dalla delibera CIPE n. 52 del 2017, sicché dovrebbe ritenersi che la
destinazione delle risorse di cui ai successivi citati commi non sia di immediata applicabilità.
In ogni caso, osserva ulteriormente la Regione Siciliana, che un’eventuale riprogrammazione delle risorse della
delibera CIPE n. 10 del 2015, dovrebbe, comunque, realizzarsi secondo le modalità indicate al punto 2 di tale
delibera, la quale prevede che le «modifiche ai programmi di azione e coesione approvati, consistenti in
variazioni della dotazione finanziaria o in una revisione degli obiettivi strategici, ivi comprese le
riprogrammazioni basate sullo stato di avanzamento delle azioni, sono approvate con delibera di questo
Comitato, su proposta dell’Amministrazione avente il coordinamento dei Fondi SIE di riferimento, in
partenariato con le Regioni interessate. Alle rimodulazioni interne ai programmi stessi, che non comportino
una revisione degli obiettivi strategici e/o una modifica della dotazione finanziaria, si provvede di comune
accordo tra l’Amministrazione titolare del programma stesso e l’Amministrazione responsabile del
coordinamento del Fondo SIE di riferimento».
Inoltre, la Regione Siciliana evidenzia che l’art. 3 (Disposizioni attuative e monitoraggio) della delibera CIPE n.
52 del 2017 prevede che, «[i]n conformità con quanto disposto dalla delibera [CIPE] n. 10/2015, in caso di
eventuali rimodulazioni finanziarie che non comportino una revisione degli obiettivi strategici e/o una modifica
della dotazione finanziaria complessiva, provvedono congiuntamente la Regione Siciliana, quale
Amministrazione titolare del Programma, e il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri, quale Amministrazione responsabile del coordinamento dei Fondi SIE di
riferimento».
Parimenti, osserva la Regione Siciliana che, ai sensi di quanto disposto dal comma 1 dell’art. 99 della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2018, anche per gli interventi relativi alla destinazione delle risorse a valere sul FSC 2014-2020,
al fine di cofinanziare gli stessi, sarebbe necessario il previo avvio delle procedure di riprogrammazione delle
risorse.
Evidenzia inoltre che, a riscontro della richiesta del MEF di esplicitare che l’utilizzo del FSC è subordinato
all’avvenuto espletamento delle procedure di riprogrammazione delle risorse assegnate, la Regione Siciliana,
con lettera a firma del Presidente, avrebbe assunto l’impegno a modificare adeguatamente i commi 7, 9, 10,
13, 16 e 17 del citato art. 99.
In ogni caso, la Regione Siciliana sostiene che le disposizioni dell’art. 99 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018
avrebbero solamente natura programmatica e non comporterebbero alcuna deroga o differenza rispetto ai
principi e alle procedure che presiedono alla programmazione e gestione sia del POC che del FSC.
6.– In vista dell’udienza pubblica del 2 luglio 2019 la Regione Siciliana ha depositato una memoria illustrativa,
allegando in particolare, con specifico riferimento all’art 45 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, la relazione
tecnica già a suo tempo inoltrata al MEF.
Al riguardo la resistente rammenta che la ristretta platea di beneficiari considerata da tale disposizione dal
2014 non ha più percepito il trattamento integrativo, e non riceverebbe dalle disposizioni impugnate alcun
nuovo beneficio. La norma in esame si limiterebbe quindi a fare chiarezza circa il soggetto sul quale deve far
carico l’erogazione del trattamento medesimo e la relativa copertura finanziaria.
7.– Con sentenza n. 197 del 2019 questa Corte ha deciso il ricorso limitatamente agli artt. 34 e 35 della legge
reg. Siciliana n. 8 del 2018 mentre, con separata ordinanza, comunicata alle parti il 25 luglio 2019, ha disposto
che, entro sessanta giorni dalla comunicazione, la Regione Siciliana e il Presidente del Consiglio dei ministri,
anche per il tramite del Ministro dell’economia e delle finanze, fornissero informazioni e producessero
documenti nei seguenti termini:
«a) in ordine all’art. 31, commi 4 e 5, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni
programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale),
a.1.) la Regione Siciliana invii un estratto delle previsioni definitive del bilancio 2018 – debitamente attestato
dalla propria Ragioneria – contenente l’“esatta perimetrazione” di cui all’art. 20 del decreto legislativo 23
giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42),
con analitica indicazione delle partite di entrata e di spesa e dei relativi stanziamenti inerenti ai diversi
finanziamenti e alle diverse spese, secondo la classificazione del predetto art. 20;
a.2.) il Presidente del Consiglio dei ministri, anche per il tramite del Ministro dell’economia e delle finanze, invii
le risultanze del monitoraggio circa lo stato del finanziamento del Servizio sanitario nazionale nella Regione
Siciliana contenente le risorse stanziate dallo Stato, quelle stanziate dalla Regione, nonché i reciproci flussi
finanziari intervenuti tra le parti nell’esercizio 2018; ciò separando le somme assegnate secondo i criteri di
classificazione previsti dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011;
a.3.) entrambe le parti forniscano informazioni circa le modalità con cui sono state calcolate le somme
destinate ai LEA, la quota – in valore nominale e non percentuale – assegnata da ciascuna per tale finalità; la
cronologia delle erogazioni di parte ministeriale – con particolare riguardo alla dimensione della retrocessione
delle accise o dell’alternativo cespite nella misura di legge fissata a carico dello Stato – e quella delle erogazioni
alle aziende sanitarie e ospedaliere da parte della Regione Siciliana;
b) in ordine all’art. 45 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018,
b.1.) la Regione Siciliana precisi con analitica chiarezza: le fonti normative del finanziamento del fondo e
dell’imputazione al fondo stesso degli oneri pensionistici in discussione; i criteri di quantificazione della spesa,
precisando gli oneri derivanti direttamente da sentenza passata in giudicato, quelli derivanti dall’estensione dei
giudicati ai soggetti in analoghe condizioni, quelli eventualmente inerenti a soggetti le cui istanze giurisdizionali
siano state rigettate; la posta di bilancio di imputazione degli oneri e gli specifici mezzi di copertura, entrambi
debitamente attestati dalla Ragioneria;
c) in ordine all’art. 99, commi da 2 a 17 e 25, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018,
c.1.) la Regione Siciliana rediga un analitico prospetto sinottico contenente il raffronto tra l’originaria
destinazione dei fondi strutturali e quella prevista dalle nuove ipotesi di cui al richiamato art. 99; indichi inoltre
– per ciascun comma impugnato dallo Stato – la provenienza dei suddetti fondi (strutturali europei, nazionali di
coesione, eventualmente regionali); indichi, altresì, se la disciplina inerente all’impiego degli stessi fondi sia,
con riguardo alla loro provenienza, differenziata ovvero uniforme;
c.2.) il Ministro dell’economia e delle finanze precisi analiticamente se i mutamenti di destinazione dei fondi
strutturali previsti nell’art. 99 siano compatibili con le norme che ne regolano l’utilizzazione; inoltre, indichi
quantitativamente – con riferimento al suddetto art. 99 – le risorse assegnate per l’esercizio 2018 in quota
fondi europei e in quota fondi nazionali di coesione, precisando se la disciplina inerente all’impiego dei suddetti
fondi sia, con riguardo alla loro provenienza, differenziata ovvero uniforme».
8.– Nel termine assegnato di sessanta giorni ha ottemperato alla richiesta istruttoria solamente la Regione
Siciliana inviando la propria risposta per via postale e anticipandola via PEC in data 23 settembre 2019.
8.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato in data 24 dicembre 2019 la propria risposta,
producendo documentazione allegata.
8.2.– In seguito, la Regione Siciliana, con memoria spedita in data 23 dicembre 2019 e pervenuta in data 30
dicembre 2019, ha ulteriormente argomentato in merito ed ha depositato altra documentazione.
In detta memoria la Regione Siciliana, tra l’altro – in conseguenza del mancato rispetto del termine di sessanta
giorni posto da questa Corte e in ragione della natura perentoria di tale termine e della sottesa finalità di
garanzia della parità delle parti, considerata altresì la medesimezza della scadenza stabilita per entrambe le
parti – ha eccepito la decadenza dello Stato dalla facoltà di produrre memorie e documentazione oltre il
termine di sessanta giorni fissato dalla Corte.
Considerato in diritto
1.– Con il ricorso indicato in epigrafe il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto, tra le altre, questioni
di legittimità costituzionale degli artt. 31, commi 4 e 5, 34, 35, 45 e 99, commi da 2 a 17 e 25, della legge della
Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di
stabilità regionale) in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, commi secondo, lettere e) ed m), e terzo,
della Costituzione.
Con la sentenza n. 197 del 2019 di questa Corte sono state decise le questioni relative agli artt. 34 e 35 della
legge reg. Sicilia n. 8 del 2018, dei quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale.
Invece, con riguardo agli artt. 31, commi 4 e 5, 45 e 99, commi da 2 a 17 e 25, della medesima legge sono stati
disposti incombenti istruttori: con riguardo agli artt. 31 e 99, nei confronti di entrambe le parti; con riguardo
all’art. 45, nei confronti della Regione Siciliana.
Nel termine assegnato di sessanta giorni, la Regione Siciliana ha ottemperato alla richiesta istruttoria, mentre
lo Stato vi ha provveduto solo in data 24 dicembre 2019, oltre la scadenza del termine suddetto.
La Regione Siciliana ha depositato memoria e ulteriore documentazione amministrativa, anch’esse fuori
termine, in data 30 dicembre 2019, chiedendo, tra l’altro, che sia dichiarata inammissibile la tardiva risposta
dello Stato.
2.– È necessario premettere che il termine assegnato da questa Corte per gli incombenti istruttori deve
ritenersi perentorio per due ordini di motivi: l’esigenza di assicurare tempestività all’espletamento del giudizio
costituzionale; la necessità di garantire – in ordine a uno strumento processuale, pregiudiziale ai fini del
decidere – la parità delle parti in un giudizio in via d’azione.
Questa Corte è consapevole che, nell’ambito dei giudizi incidentali, è accaduto che siano state reiterate
richieste istruttorie in quanto la risposta pervenuta in prima battuta era stata ritenuta insufficiente (sentenza n.
110 del 2005).
Tale prassi, tuttavia, non contrasta con l’inammissibilità di una risposta tardiva nel giudizio in via di azione
quando l’altra parte abbia ottemperato nel termine assegnato. Questa Corte, infatti, deve valutare
preliminarmente se i dati trasmessi dalla parte diligente siano idonei ad assicurare – ai fini del decidere –
certezza e affidabilità. Ciò in coerenza con il principio di speditezza del processo costituzionale, la cui incisività è
naturalmente collegata all’esigenza di assicurare pronunce il più possibile tempestive. Solo ove detti dati non
siano sufficienti possono essere richiesti nuovi ulteriori incombenti istruttori, assegnando tuttavia, in ossequio
al principio del contraddittorio e al diritto di difesa, un nuovo termine a entrambe le parti.
Dalle esposte considerazioni deriva l’inammissibilità della documentazione probatoria presentata fuori termine
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla Regione Siciliana, rispettivamente il 24 e il 30 dicembre 2019.
3.– Alla luce di quanto meglio specificato in prosieguo, i dati presentati nei termini dalla resistente sono
sufficienti ai fini del decidere, senza che sia necessario ricorrere ad ulteriori incombenti.
Occorre, quindi, esaminare compiutamente le tre questioni sulla base delle censure contenute nel ricorso dello
Stato, delle richieste istruttorie formulate con l’ordinanza allegata alla sentenza n. 197 del 2019 e delle risposte
rese nei termini dalla Regione Siciliana.
3.1.– Resta riservata a separata pronuncia la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale
promosse con il ricorso indicato in epigrafe.
4.– La prima questione riguarda i commi 4 e 5 dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, i quali
rispettivamente prevedono che «[i]l Ragioniere generale della Regione, a seguito delle norme di attuazione di
cui dall’articolo l, comma 831, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modifiche ed integrazioni, è
autorizzato ad iscrivere in bilancio, con proprio provvedimento, la relativa somma che è destinata alla maggiore
spesa prevista dall’articolo 1, comma 830, della medesima legge, di cui al corrispondente accantonamento o, in
subordine, al ripianamento del debito pubblico regionale» (comma 4); e che, «[p]er gli esercizi finanziari
2019-2020, in relazione all’accertamento dell’entrata derivante dall’attuazione dell’articolo l, comma 832, della
legge n. 296/2006, è disposto, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47 e
successive modifiche e integrazioni, e nelle more della conclusione degli accordi finanziari con lo Stato e della
conseguente emanazione delle norme di attuazione, uno specifico accantonamento in apposito fondo»
(comma 5).
Ai fini della disamina della questione è utile richiamare anche le norme prese a riferimento nelle disposizioni
impugnate.
I commi 830, 831 e 832 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante «Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» prevedono che, «[a]l fine di addivenire
al completo trasferimento della spesa sanitaria a carico del bilancio della Regione siciliana, la misura del
concorso della Regione a tale spesa è pari al 44,85 per cento per l’anno 2007, al 47,05 per cento per l’anno
2008 e al 49,11 per cento per l’anno 2009» (comma 830); che «[l]’applicazione delle disposizioni di cui al
comma 830 resta sospesa fino al 30 aprile 2007. Entro tale data dovrà essere raggiunta l’intesa preliminare
all’emanazione delle nuove norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia sanitaria, già
disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 9 agosto 1956, n. 1111, e successive modificazioni. In
caso di mancato raggiungimento dell’intesa entro tale data, il concorso della Regione siciliana di cui al comma
830 è determinato, per l’anno 2007, in misura pari al 44,09 per cento» (comma 831); che «[n]elle norme di
attuazione di cui al comma 831, è riconosciuta la retrocessione alla Regione siciliana di una percentuale non
inferiore al 20 e non superiore al 50 per cento del gettito delle accise sui prodotti petroliferi immessi in
consumo nel territorio regionale; tale retrocessione aumenta simmetricamente, fino a concorrenza, la misura
percentuale del concorso della Regione alla spesa sanitaria, come disposto dal comma 830. Alla
determinazione dell’importo annuo della quota da retrocedere alla Regione si provvede con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere della
Commissione paritetica prevista dall’articolo 43 dello Statuto della Regione siciliana, approvato con decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale dalla legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 2» (comma 832).
L’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana 8 luglio 1977, n. 47 (Norme in materia di bilancio e
contabilità della Regione siciliana), in materia di fondi globali per far fronte agli oneri derivanti da
provvedimenti legislativi perfezionatisi dopo l’approvazione del bilancio, prevede che «[g]li importi previsti nei
fondi [predetti] rappresentano il saldo fra accantonamenti di segno positivo per nuove o maggiori spese o
riduzioni di entrate e accantonamenti di segno negativo per riduzioni di spese o incremento di entrate. Gli
accantonamenti di segno negativo sono collegati ad uno o più accantonamenti di segno positivo o parte di essi.
L’utilizzazione degli accantonamenti di segno positivo è subordinata all’entrata in vigore del provvedimento
legislativo presentato dalla Giunta all’Assemblea regionale siciliana relativo al corrispondente accantonamento
di segno negativo ovvero alla realizzazione delle entrate o alla riduzione delle spese relative al corrispondente
accantonamento di segno negativo».
I commi 4 e 5 dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 sono stati impugnati dal Presidente del
Consiglio dei ministri in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, commi secondo, lettere e) ed m), e terzo,
Cost., quest’ultimo sotto il profilo della tutela della salute, attraverso le seguenti argomentazioni: a) la
retrocessione delle accise a favore della Regione Siciliana, in assenza del contestuale incremento della
compartecipazione regionale alla spesa sanitaria rispetto alla quota del 49,11 per cento prevista dalla
legislazione vigente, comporterebbe oneri a carico del bilancio dello Stato privi di copertura finanziaria; b)
secondo il combinato disposto dei censurati commi 4 e 5, la maggiore spesa sanitaria da accantonare o da
destinare al ripianamento del debito pubblico regionale andrebbe a pregiudicare – per effetto della
destinazione ad altre finalità – la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, il cui finanziamento
risulterebbe limitato alla quota del 49,11 per cento della compartecipazione regionale; c) la violazione di cui al
punto immediatamente precedente comporterebbe, in via più generale, anche la violazione del parametro
posto a presidio della tutela della salute.
La Regione Siciliana si è difesa facendo soprattutto riferimento ai problematici termini della questione della
determinazione del Fondo sanitario regionale siciliano, della sua adeguatezza alle esigenze di garanzia dei livelli
essenziali di assistenza (LEA), della ripartizione percentuale degli oneri tra Stato e Regione e di quella
strettamente connessa all’individuazione delle fonti di finanziamento, nella specie legate alla retrocessione
parziale delle accise.
4.1.– Le argomentazioni spese da entrambe le parti devono essere inquadrate nell’annoso contenzioso che
vede opposti lo Stato e la Regione Siciliana nella definizione della misura del concorso al sostentamento della
spesa sanitaria regionale, profilo a sua volta facente parte della lunga trattativa per la riforma delle norme di
attuazione dello statuto e delle regole concernenti le compartecipazioni ai tributi erariali.
Mentre per le altre autonomie speciali è previsto che esse provvedano al finanziamento dell’assistenza
sanitaria senza più alcun apporto a carico dello Stato, la Regione Siciliana dipende ancora, per il finanziamento
di oltre la metà della spesa sanitaria, dal concorso dello Stato annualmente erogato attraverso i trasferimenti
dal Fondo sanitario nazionale.
Nel caso della Regione Siciliana il percorso verso la completa responsabilizzazione nel finanziamento della
sanità è stato affiancato, e sicuramente rallentato, da iniziative destinate a regolare le situazioni precedenti, tra
cui spicca il piano di rientro dal debito pregresso. La Regione Siciliana è stata soggetta al piano di rientro sino al
2015, data dalla quale, chiuso il piano (ma non il disavanzo), è sottoposta a “monitoraggio”.
A tutt’oggi deve ancora trovare attuazione sia il processo di progressiva assunzione integrale del finanziamento
della spesa sanitaria, sia l’individuazione delle modalità della retrocessione delle accise, che avrebbero dovuto
compensare le minori risorse di provenienza statale acquisite dalla sanità regionale. Nemmeno in occasione
dell’ultimo accordo, concluso nel mese di dicembre del 2018, tale aspetto è stato definito, poiché in detto
accordo si rinvengono unicamente dichiarazioni dirette a includere la questione nella più ampia definizione
delle nuove norme regolatrici delle compartecipazioni ai tributi erariali. La peculiarità della trattativa risiede
nell’entità delle poste finanziarie in gioco e nella distanza delle rispettive posizioni. In particolare, la Regione
Siciliana ritiene di essere stata impropriamente onerata di una quota ulteriore del finanziamento della propria
sanità, per l’imposizione, da parte dello Stato, dell’obbligo di concorrervi sino al 49,11 per cento, senza ricevere
alcuna compensazione con la retrocessione delle accise.
Lo Stato oppone di non dovere alcuna ulteriore somma per il finanziamento dei LEA.
4.2.– Alla luce degli argomenti sviluppati dalle parti, questa Corte aveva ritenuto necessario e preliminare
all’esame delle censure l’accertamento della copertura finanziaria e giuridica dei livelli essenziali di assistenza,
nonché della correttezza della determinazione quantitativa e finalistica delle poste di bilancio richiamate dai
commi 4 e 5 dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, con riguardo rispettivamente «al corrispondente
accantonamento o, in subordine, al ripianamento del debito pubblico di cui al comma 4 e allo specifico
accantonamento in apposito fondo». Ciò in quanto le questioni promosse dallo Stato, intrinsecamente
collegate alla concreta disciplina delle relazioni finanziarie con la Regione, sono caratterizzate dalla
«trasversalità e [dal]la primazia della tutela sanitaria rispetto agli interessi sottesi ai conflitti Stato-Regioni in
tema di competenza legislativa» (sentenza n. 197 del 2019).
In tale prospettiva sono stati posti al centro dell’istruttoria gli adempimenti previsti dall’art. 20 del decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio
2009, n. 42), «il quale stabilisce condizioni indefettibili nella individuazione e allocazione delle risorse inerenti ai
livelli essenziali delle prestazioni» la cui verifica «rende necessario che le parti dimostrino il rispetto [del
medesimo articolo], alla cui attuazione cooperano sia lo Stato sia la Regione stessa, e forniscano la prova
dell’integrale finanziamento dei LEA, di cui l’avvenuta retrocessione delle quote di accise o l’attribuzione di
altro cespite nella misura di legge dovuta dallo Stato dovrebbe essere parte integrante, nonché del rispetto dei
vincoli di destinazione, che la vigente normativa impone per il finanziamento dei livelli essenziali» (sentenza n.
197 del 2019).
In coerenza con tale assunto, con l’ordinanza istruttoria allegata alla sentenza n. 197 del 2019 questa Corte
disponeva che, in ordine alle disposizioni impugnate ed entro sessanta giorni dalla comunicazione
dell’ordinanza stessa, «a.1.) la Regione Siciliana [inviasse] un estratto delle previsioni definitive del bilancio
2018 – debitamente attestato dalla propria Ragioneria – contenente l’“esatta perimetrazione” di cui all’art. 20
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 […]; a.2.) il Presidente del Consiglio dei ministri, anche per il
tramite del Ministro dell’economia e delle finanze, [inviasse] le risultanze del monitoraggio circa lo stato del
finanziamento del Servizio sanitario nazionale nella Regione Siciliana contenente le risorse stanziate dallo
Stato, quelle stanziate dalla Regione, nonché i reciproci flussi finanziari intervenuti tra le parti nell’esercizio
2018; ciò separando le somme assegnate secondo i criteri di classificazione previsti dall’art. 20 del d.lgs. n. 118
del 2011; a.3.) entrambe le parti [fornissero] informazioni circa le modalità con cui sono state calcolate le
somme destinate ai LEA, la quota – in valore nominale e non percentuale – assegnata da ciascuna per tale
finalità; la cronologia delle erogazioni di parte ministeriale – con particolare riguardo alla dimensione della
retrocessione delle accise o dell’alternativo cespite nella misura di legge fissata a carico dello Stato – e quella
delle erogazioni alle aziende sanitarie e ospedaliere da parte della Regione Siciliana».
In sostanza, questa Corte ha chiesto a entrambe le parti di fornire precise notizie sui criteri di determinazione e
perimetrazione dei LEA ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 e di dimostrare, tramite l’indicazione dei
flussi di bilancio, come tali criteri si siano inverati nei rispettivi bilanci in modo simmetricamente riscontrabile.
Come detto, solo la Regione Siciliana ha risposto entro il termine assegnato, mentre risulta inammissibile
l’ulteriore documentazione inviata da entrambe le parti dopo la scadenza.
Le attestazioni finanziarie della Regione appaiono attendibili e sufficienti ai fini della decisione del ricorso.
Dal confronto tra i dati analitici trasmessi dalla Regione Siciliana, quelli della legge finanziaria impugnata e del
relativo bilancio dell’esercizio 2018 emerge la prova: a) che la perimetrazione dei LEA nelle forme
tassativamente previste dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 non è stata correttamente effettuata in sede di
legge finanziaria e di bilancio di previsione 2018; b) che non è stato assicurato il completo flusso finanziario
delle risorse necessarie ai LEA verso la finalità costituzionalmente vincolata.
Le poste di entrata e di spesa sono state aggregate dalla Regione secondo prospetti macroeconomici attendibili
ma privi della catalogazione giuridica e finalistica prevista dalla citata norma attuativa dell’art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost. Inoltre, alla quantificazione dei LEA trasmessa dalla Regione – effettuata secondo
criteri convenzionali successivamente meglio descritti – non corrispondono, per difetto, le relative certificazioni
dei flussi finanziari e neppure è assicurato il corretto impiego delle risorse menzionate dall’art. 31, commi 4 e 5,
della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.
4.2.1.– La lettura della documentazione istruttoria inviata dalla Regione deve essere comunque depurata da
alcune aporie espressive che dipendono da disfunzioni attuative del sistema di verifica e monitoraggio delle
prestazioni LEA, quali venute a stratificarsi nel corso del tempo.
Come emerge dall’ultimo monitoraggio, attraverso la cosiddetta Griglia LEA – Metodologia e risultati dell’anno
2017, pubblicato dal Ministero della salute, fin dal 23 marzo 2005 apposita intesa Stato-Regioni affidava la
verifica degli adempimenti, cui sono tenute le Regioni, al Comitato permanente per la verifica dell’erogazione
dei LEA e al Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti. La certificazione degli adempimenti avviene
mediante la documentazione richiesta appositamente alle Regioni attraverso un questionario nonché mediante
un’analisi della stessa, integrata con informazioni già disponibili presso il Ministero della salute e l’Agenzia
italiana del farmaco (AIFA). La certificazione è effettuata dai componenti del predetto Comitato permanente,
sulla base dell’istruttoria compiuta dal Tavolo di verifica, secondo criteri predeterminati.
La prima particolarità, la cui conoscenza è necessaria per comprendere il senso generale delle risultanze
istruttorie, riguarda le modalità di valutazione che nel tempo hanno radicalmente mutato l’impostazione
dell’intesa del 2005, rendendone diversi aspetti inidonei a verificare la garanzia di tutte le prestazioni inerenti
ai LEA. Le valutazioni complessive vengono effettuate attraverso «l’utilizzo di un definito set di indicatori
ripartiti tra l’attività di assistenza negli ambienti di vita e di lavoro, l’assistenza distrettuale e l’assistenza
ospedaliera, raccolti in una griglia (cd. Griglia LEA) che consente di conoscere e cogliere nell’insieme le diversità
ed il disomogeneo livello di erogazione dei livelli di assistenza […]. La metodologia di valutazione complessiva
comprende un sistema di pesi che attribuisce ad ogni indicatore un peso di riferimento, e assegna dei punteggi
rispetto al livello raggiunto dalla regione nei confronti di standard nazionali» («Monitoraggio dei LEA attraverso
la c.d. Griglia dei LEA. Metodologia e Risultati dell’anno 2017» a cura del Ministero della salute).
La valutazione di sufficienza relativamente agli adempimenti inerenti ai LEA è fissata nel punteggio complessivo
minimo di 160 oppure compreso nell’intervallo 140-160, purché in assenza di indicatori critici con riguardo alle
singole prestazioni.
Dall’istruttoria compiuta emerge che la Regione Siciliana ha ottenuto un punteggio pari a 160. Dai verbali della
riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente
per la verifica dei LEA del 4 aprile 2019 e del 25 luglio 2019, in cui sono riportati gli esiti degli accertamenti sullo
stato di attuazione del programma operativo di consolidamento e sviluppo 2016-2018, risulta che, pur in
possesso del richiamato punteggio di 160, la Regione Siciliana presenta gravi criticità in relazione a singole
categorie di prestazioni.
Dalle complesse certificazioni delle transazioni finanziarie in entrata e in uscita emerge che non vi è mai stata
una predeterminazione delle risorse da destinare ai LEA e delle relative spese finalizzate. In particolare, non è
stata iscritta in bilancio alcuna somma destinata alla regolarizzazione delle predette gravi criticità.
In tale contesto privo di una quantificazione preventiva comprensiva di tutte le categorie LEA, attraverso le
quali è articolato il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017 (Definizione e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502), l’attestazione prodotta dalla Regione Siciliana ha dovuto limitarsi ad esporre in modo
analitico le rimesse periodiche da parte dello Stato e gli impegni e i pagamenti relativi a spese sanitarie assunti
nel corso dell’esercizio finanziario.
In sostanza, le somme gestite nell’ambito del bilancio regionale non sono mai state fissate preventivamente né
in sede di legge finanziaria, né in sede di legge di bilancio ma sono state determinate solo in base ai flussi
risultanti dalla sommatoria delle rimesse statali in corso d’anno e in base agli impegni di spesa attestati dalla
Regione. Confrontando, sulla base della tabella 3 allegata alla risposta della Regione Siciliana, le entrate con le
spese, si ricava che la sommatoria delle risorse attribuite dallo Stato e dalla Regione ammonta a euro
8.805.654.278,04 mentre le spese impegnate ammontano a 9.256.017.491,20 con uno sbilanciamento di euro
450.363.213,16.
Tale squilibrio è coerente con il peggioramento del disavanzo di amministrazione della Regione per l’esercizio
2018, certificato negli allegati 1 e 2 della precitata risposta istruttoria.
Se, da un lato, risulta dalle certificazioni la mancata copertura di parte della spesa impegnata dalla Regione
Siciliana, dall’altro, risulta altresì una serie di inadempimenti di prestazioni indefettibili come emerge dai
richiamati verbali del Tavolo di verifica; prestazioni che già risultavano carenti o assenti nel precedente
esercizio finanziario.
Tutto ciò conferma le doglianze dello Stato evidenziando pregiudizi sia per l’equilibrio di bilancio, sia per
l’erogazione di alcune prestazioni inerenti ai LEA.
4.3.– Sempre in via preliminare, occorre ulteriormente premettere che i parametri evocati dal ricorrente
operano – con riguardo al finanziamento e alla garanzia dei LEA e all’impatto sugli equilibri di bilancio delle
norme impugnate – in stretta interdipendenza.
Tale interdipendenza si ricava innanzitutto dallo statuto fondante del Servizio sanitario nazionale, il quale
garantisce la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse dell’intera collettività. Il
Servizio sanitario nazionale assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza, come definiti dal Piano sanitario
nazionale e come individuati contestualmente all’identificazione delle risorse finanziarie (art. 1 della legge 30
dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421»).
Diverse disposizioni – recate in prevalenza da decreti del Presidente del Consiglio dei ministri – hanno
aggiornato e adeguato concretamente la disciplina concernente il finanziamento e la resa delle prestazioni.
La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha
introdotto nell’art. 117 Cost. l’espressa enunciazione della garanzia di livelli essenziali e uniformi nelle
prestazioni concernenti diritti sociali appositamente individuati dal legislatore statale. Prestazioni tra le quali
assumono rilievo pregnante i LEA che già la legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del servizio sanitario
nazionale) e il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419) individuavano come livelli definiti dal
Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute,
dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle
specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse.
Ulteriori disposizioni normative sono intervenute in materia dopo l’emanazione della legge cost. n. 3 del 2001.
Occorre ricordare, da ultimo, le rilevanti innovazioni introdotte con il citato d.P.C.M. 12 gennaio 2017. Tra
queste si può sottolineare l’espresso richiamo alla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, con
Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con la legge 3 marzo
2009, n. 18.
La stretta interdipendenza dei parametri costituzionali evocati e delle norme attuative configura il diritto alla
salute come diritto sociale di primaria importanza e ne conforma il contenuto attraverso la determinazione dei
LEA, di cui il finanziamento adeguato costituisce condizione necessaria ma non sufficiente per assicurare
prestazioni direttamente riconducibili al fondamentale diritto alla salute.
È in questo senso che deve essere ribadito il principio secondo cui, «una volta normativamente identificato, il
nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo [il diritto alla prestazione sociale di natura
fondamentale, esso] non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali» (sentenza n.
275 del 2016).
È evidente che se un programmato, corretto e aggiornato finanziamento costituisce condizione necessaria per
il rispetto dei citati parametri costituzionali, la piena realizzazione dei doveri di solidarietà e di tutela della
dignità umana deve essere assicurata attraverso la qualità e l’indefettibilità del servizio, ogniqualvolta un
individuo dimorante sul territorio regionale si trovi in condizioni di bisogno rispetto alla salute. È in quanto
riferito alla persona che questo diritto deve essere garantito, sia individualmente, sia nell’ambito della
collettività di riferimento. Infatti, il servizio sanitario e ospedaliero in ambito locale è, in alcuni casi, l’unico
strumento utilizzabile per assicurare il fondamentale diritto alla salute.
In definitiva, l’intreccio tra profili costituzionali e organizzativi comporta che la funzione sanitaria pubblica
venga esercitata su due livelli di governo: quello statale, il quale definisce le prestazioni che il Servizio sanitario
nazionale è tenuto a fornire ai cittadini – cioè i livelli essenziali di assistenza – e l’ammontare complessivo delle
risorse economiche necessarie al loro finanziamento; quello regionale, cui pertiene il compito di organizzare sul
territorio il rispettivo servizio e garantire l’erogazione delle prestazioni nel rispetto degli standard
costituzionalmente conformi. La presenza di due livelli di governo rende necessaria la definizione di un sistema
di regole che ne disciplini i rapporti di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze. Ciò al fine di
realizzare una gestione della funzione sanitaria pubblica efficiente e capace di rispondere alle istanze dei
cittadini coerentemente con le regole di bilancio, le quali prevedono la separazione dei costi “necessari”,
inerenti alla prestazione dei LEA, dalle altre spese sanitarie, assoggettate invece al principio della sostenibilità
economica.
4.4.– Alla luce di quanto premesso, le questioni proposte dal Presidente del Consiglio in ordine ai commi 4 e 5
dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 sono fondate, nei sensi appresso specificati, in riferimento ai
seguenti parametri invocati dal ricorrente: artt. 81, terzo comma, e 117, commi secondo, lettera m), e terzo,
Cost., in relazione alla tutela della salute. Viceversa deve essere dichiarata inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dei medesimi commi sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost. per carenza del procedimento argomentativo.
4.4.1.– Sotto il profilo della sana gestione finanziaria, presidiato dall’art. 81 Cost., va preliminarmente chiarito
che non è possibile demandare ex lege al dirigente della Ragioneria della Regione Siciliana l’iscrizione e
l’accertamento di somme, sulla cui esistenza non vi è ragionevole affidamento.
Tali operazioni devono avere saldi presupposti giuridici, come la sussistenza del titolo e la quantificazione di ciò
che si deve riscuotere: i principi in materia contabile e quelli civilistici sono univoci nel prevedere che il credito
da cui prende le mosse l’accertamento è valido quando non vi è controversia sulla sua esistenza, quando il suo
ammontare è espresso in forma determinata o determinabile e quando non è sottoposto a condizione,
situazioni tutte deficitarie nella fattispecie che la norma regionale censurata demanda al dirigente della
Ragioneria. Infatti, quando sussistono incertezze sulla realizzabilità di un credito, l’art. 46 del d.lgs. n. 118 del
2011 prevede che tali incertezze siano quantificate con i canoni del fondo crediti di dubbia esigibilità, il quale
provvede a sterilizzare le entrate di incerta realizzazione, in modo che esse non possano alterare l’entità
complessiva delle spese, le risultanze del bilancio di previsione e quelle del rendiconto. Peraltro, quando –
come nel caso di specie – manca completamente il titolo giuridico alla riscossione, la somma non può
nemmeno essere iscritta con il predetto meccanismo di compensazione. Diversamente avverrebbe se il titolo
fosse rapportato al credito nei confronti dello Stato per l’erogazione dei LEA, determinato secundum legem.
È vero che nel caso di specie la fondatezza della censura statale, all’esito dell’istruttoria esperita, ne disvela le
cause effettive, alle quali non è estraneo il comportamento del ricorrente, corresponsabile della lunghissima
stasi delle trattative e della mancata attuazione dell’art. 1, commi 830, 831 e 832, della legge n. 296 del 2006.
La corresponsabilità dello Stato, tuttavia, non può sanare la violazione dell’art. 81 Cost., poiché le norme
impugnate – anziché perimetrare in sede previsionale le risorse necessarie per l’integrale soddisfacimento dei
LEA, coerentemente con il precetto dell’art. 81, terzo comma Cost., che impone di costruire gli equilibri inerenti
all’esercizio di competenza e all’intero triennio – hanno previsto anomale forme di iscrizione e di accertamento
ex lege (i denunciati commi 4 e 5 distinguono, in ordine alle contestate risorse, l’iscrizione in bilancio prevista
per l’esercizio 2018 e l’accertamento previsto per il biennio successivo). Ciò con finalità ben diverse dalla
garanzia di finanziamento dei LEA.
Non può essere condivisa la giustificazione della Regione resistente, secondo cui l’operatività delle disposizioni
impugnate sarebbe condizionata dall’eventuale emanazione delle norme di attuazione. Non è ragionevole
l’iscrizione in bilancio di una risorsa, in ordine alla quale risultano improbabili sia l’an, sia il quantum, sia il
quomodo, anche considerato che nel ricorso e in occasione dell’udienza l’Avvocatura generale dello Stato ha
ribadito che non vi potrà essere alcun accordo – e quindi neppure un favorevole esito dell’aggiornamento delle
norme di attuazione – se la Regione Siciliana non si accollerà il cento per cento della spesa sanitaria di sua
pertinenza (sulla non condivisibilità della posizione dello Stato si rinvia a quanto successivamente specificato in
relazione alla primazia della copertura dei LEA rispetto alla dialettica delle relazioni finanziarie tra Stato e
Regioni).
Come già rilevato, nella documentazione istruttoria inviata nei termini dalla Regione Siciliana, le transazioni
finanziarie afferenti ai LEA, indicate analiticamente in entrata e in uscita, non vengono rapportate a poste di
bilancio, quantificate e “perimetrate” secondo i canoni dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 e neppure viene
indicata la relazione giuridica dei commi 4 e 5 dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018 con la parte
passiva del bilancio, elemento assolutamente indispensabile per verificare la finalizzazione all’erogazione dei
LEA.
Proprio dall’art. 10, comma 2, della legge della Regione Siciliana 8 luglio 1977, n. 47 (Norme in materia di
bilancio e contabilità della Regione siciliana), richiamato dalla seconda delle disposizioni impugnate, si ricava
che l’eventuale realizzazione della risorsa, entrando nel fondo contenente «il saldo fra accantonamenti di
segno positivo per nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate e accantonamenti di segno negativo per
riduzione di spese o incremento di entrate», concorrerebbe, sulla base del principio di universalità del bilancio
sotteso a tale enunciato normativo, a determinare i saldi destinati alla spesa indifferenziata anziché a quella
vincolata ai livelli essenziali di assistenza.
Anche la fattispecie disciplinata dal comma 4, pur con un diverso meccanismo di correlazione, si pone in
contrasto con l’art. 81 poiché fissa la destinazione dell’ipotetico contributo dello Stato al «ripianamento del
debito pubblico regionale».
Fermo restando che non può comunque essere consentita l’iscrizione in bilancio di risorse la cui esistenza,
dimensione e finalizzazione non siano avvalorate per legge, il complesso iscrizione-accantonamento (che
riguarda rispettivamente l’esercizio 2018 e il biennio successivo), precedentemente descritto, finisce per
modificare in modo infedele le risultanze degli esercizi di riferimento.
4.4.2.– L’interdipendenza dei parametri evocati dal ricorrente si riverbera anche sull’esame delle censure
formulate in riferimento ai commi secondo, lettera m), e terzo dell’art. 117 Cost., poiché le modalità di
allocazione e di destinazione delle risorse previste dall’art. 31, commi 4 e 5, della legge reg. Siciliana n. 8 del
2018 contrastano con l’obbligo indefettibile di destinare la retrocessione delle accise (a prescindere dal
pendente contenzioso tra le parti) al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza.
Già nel precedente considerato 4.4.1. si è sottolineata l’assenza, sia nella legge finanziaria impugnata, sia nel
corrispondente bilancio, di qualsiasi collegamento teleologico tra le somme derivanti dal futuro accordo e la
spesa sanitaria, rimanendo così avvalorata la doglianza del Presidente del Consiglio dei ministri circa la
distorsione del vincolo di scopo delle eventuali erogazioni statali. È evidente infatti che – quand’anche le norme
di attuazione andassero nella direzione auspicata dal legislatore regionale – le risorse eventualmente
riconosciute dallo Stato avrebbero un vincolo di destinazione indefettibile al prioritario soddisfacimento dei
LEA, assolutamente incompatibile con l’allocazione contabile prevista dal combinato disposto dei commi 4 e 5
dell’art. 31 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.
Va quindi condiviso l’argomento dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui – in un contesto regionale di
endemica penuria finanziaria – le risorse indicate nelle disposizioni impugnate andrebbero a pregiudicare
contemporaneamente, per effetto della destinazione ad altre finalità, la garanzia dei livelli essenziali delle
prestazioni sanitarie e la tutela della salute.
Di fronte all’incisività di tale argomentazione non assume alcuna rilevanza l’eccezione della Regione Siciliana in
ordine alla pretesa latitanza dello Stato nell’appropriata determinazione del Fondo sanitario regionale siciliano
e nella retrocessione delle accise che avrebbe dovuto assicurare l’integrale finanziamento dei LEA, poiché
proprio quest’ultimo obiettivo viene comunque pregiudicato – a prescindere dalle concause – dai meccanismi
finanziario-contabili introdotti dalle disposizioni impugnate.
In definitiva, il meccanismo finanziario previsto da queste ultime risulta contrario a Costituzione in quanto non
assicura la copertura finanziaria dei LEA in ambito regionale.
Nella legge finanziaria e nel correlato bilancio della Regione Siciliana, in ottemperanza ai richiamati precetti
costituzionali e all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, dovevano essere previste risorse statali e regionali
complessivamente pari alla corretta quantificazione dei LEA e le correlate spese dovevano essere
integralmente vincolate all’erogazione dei predetti livelli essenziali.
È bene ricordare «che la determinazione dei LEA è un obbligo del legislatore statale, ma che la sua proiezione
in termini di fabbisogno regionale coinvolge necessariamente le Regioni, per cui la fisiologica dialettica tra
questi soggetti deve essere improntata alla leale collaborazione che, nel caso di specie, si colora della doverosa
cooperazione per assicurare il migliore servizio alla collettività» (sentenza n. 169 del 2017).
4.5.– Se le precedenti argomentazioni determinano inequivocabilmente l’illegittimità costituzionale delle
disposizioni impugnate, sono tuttavia necessarie alcune precisazioni circa la necessaria proiezione in termini
finanziari, nei bilanci preventivi e nei rendiconti, dei LEA come normativamente fissati.
L’effettività del diritto alla salute è assicurata dal finanziamento e dalla corretta ed efficace erogazione della
prestazione, di guisa che il finanziamento stesso costituisce condizione necessaria ma non sufficiente del
corretto adempimento del precetto costituzionale. Nei sensi precisati deve essere letta l’affermazione secondo
cui «una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il
diritto [fondamentale] non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali […]. È la
garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la
doverosa erogazione» (sentenza n. 275 del 2016).
Nel caso di specie, in sede di programmazione finanziaria i costi unitari fissati dal d.P.C.M. del 12 gennaio 2017
avrebbero dovuto essere sviluppati sulla base del fabbisogno storico delle singole realtà regionali e sulle altre
circostanze, normative e fattuali, che incidono sulla dinamica della spesa per le prestazioni sanitarie.
Successivamente tale proiezione estimatoria avrebbe dovuto essere aggiornata in corso di esercizio sulla base
delle risultanze del monitoraggio del Tavolo tecnico di verifica.
In questa prospettiva è stato già individuato il contenuto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione
con riguardo alla concreta garanzia dei LEA spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla
realizzazione ed attuazione di essa, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione
programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale impegnando le Regioni a collaborare nella
separazione del fabbisogno finanziario destinato a spese incomprimibili da quello afferente ad altri servizi
suscettibili di un giudizio in termini di sostenibilità finanziaria (sentenza n. 169 del 2017).
Infatti, mentre di regola la garanzia delle prestazioni sociali deve fare i conti con la disponibilità delle risorse
pubbliche, dimensionando il livello della prestazione attraverso una ponderazione in termini di sostenibilità
economica, tale ponderazione non può riguardare la dimensione finanziaria e attuativa dei LEA, la cui
necessaria compatibilità con le risorse è già fissata attraverso la loro determinazione in sede normativa.
In definitiva, la trasversalità e la primazia della tutela sanitaria rispetto agli interessi sottesi ai conflitti finanziari
tra Stato e Regioni in tema di finanziamento dei livelli essenziali, impongono una visione trascendente della
garanzia dei LEA che vede collocata al centro della tutela costituzionale la persona umana, non solo nella sua
individualità, ma anche nell’organizzazione delle comunità di appartenenza che caratterizza la socialità del
servizio sanitario.
Ed è per questo che appare inadeguato il sistema di valutazione precedentemente descritto nella parte in cui
consente di attribuire un convenzionale punteggio di sufficienza al servizio regionale anche in caso di assenza o
grave deficitarietà di intere categorie di prestazioni contemplate dalla normativa sui LEA.
Tale meccanismo, derivante non dalla legge ma in via amministrativa, finisce per oscurare carenze
prestazionali, in ordine alle quali si rende necessario intervenire tempestivamente sia in termini finanziari che
in termini di implementazione delle prestazioni.
È ragionevole sostenere che il complesso e oneroso sistema di monitoraggio precedentemente descritto non
possa essere svincolato – come ora in concreto accade – dall’adeguamento delle situazioni finanziarie e
prestazionali allo scenario dinamico che la materia propone. Una vigilanza concomitante sulla spesa e sulle
prestazioni rese può consentire – accanto all’adeguamento della programmazione a esigenze inaspettate –
anche risparmi, laddove il fabbisogno dei LEA previsto all’inizio dell’esercizio si dimostrasse dimensionato in
misura eccedente.
È stato in proposito affermato che «la separazione e l’evidenziazione dei costi dei livelli essenziali di assistenza
devono essere simmetricamente attuate, oltre che nel bilancio dello Stato, anche nei bilanci regionali ed in
quelli delle aziende erogatrici secondo la direttiva contenuta [nell’] art. 8, comma 1, della legge n. 42 del 2009.
[…] Ciò al fine di garantire l’effettiva programmabilità e la reale copertura finanziaria dei servizi, la quale – data
la natura delle situazioni da tutelare – deve riguardare non solo la quantità ma anche la qualità e la tempistica
delle prestazioni costituzionalmente necessarie» (sentenza n. 169 del 2017).
In sostanza, la determinazione, il finanziamento e l’erogazione dei LEA compone un sistema articolato il cui
equilibrio deve essere assicurato dalla sinergica coerenza dei comportamenti di tutti i soggetti coinvolti nella
sua attuazione.
5.– La seconda impugnativa riguarda l’art. 45 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, il quale prevede che «[i]l
Fondo speciale transitorio ad esaurimento del personale in quiescenza dell’Ente Acquedotti Siciliani in
liquidazione, costituito ai sensi dell’articolo 67 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9 può essere destinato
anche al trattamento integrativo del personale in quiescenza dell’Ente Acquedotti Siciliani in liquidazione. Il
relativo trattamento pensionistico complessivo, sostitutivo e integrativo non può essere superiore a quello dei
dipendenti regionali equiparati e in possesso di una medesima anzianità contributiva. […] Per far fronte agli
oneri derivanti dalle disposizioni di cui al presente articolo è autorizzata per l’esercizio finanziario 2018 la spesa
di 2.495 migliaia di euro, per l’esercizio finanziario 2019 la spesa di 2.445 migliaia di euro e per l’esercizio
finanziario 2020 la spesa di 2.395 migliaia di euro».
Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la disposizione impugnata introdurrebbe nuovi benefici
pensionistici, di cui non potrebbero essere sindacati la conformità a legge e il relativo ammontare, stante la
mancata produzione di idonei elementi di valutazione; la stessa disposizione non assicurerebbe la sostenibilità
finanziaria degli oneri così introdotti e non sarebbe rispettosa delle misure di contenimento della spesa di
personale; ciò comporterebbe la violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art.
117, terzo comma, Cost., e di quello di copertura delle spese di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.
La Regione Siciliana si è difesa sostenendo l’erroneità del presupposto interpretativo del ricorrente riguardo
alla novità dei trattamenti pensionistici: la norma si limiterebbe a fare chiarezza sul soggetto deputato
all’erogazione del trattamento e sulla relativa copertura finanziaria di trattamenti già definiti da normativa
precedente a quella impugnata.
La sentenza n. 197 del 2019, con riguardo all’art. 45 della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, precisa che «le
opposte posizioni delle parti possono essere correttamente valutate solo con l’approfondimento di alcuni
elementi che la Regione Siciliana deduce ma non riesce – attraverso la documentazione prodotta – a provare
compiutamente, in modo sufficiente a contrastare le censure di non corrispondenza dell’impugnato art. 45 ai
parametri costituzionali di cui agli artt. 81, terzo comma, e 117, terzo comma, Cost.».
Per tale motivo nell’ordinanza istruttoria è stato disposto che «b.1.) la Regione Siciliana precisi con analitica
chiarezza: le fonti normative del finanziamento del fondo e dell’imputazione al fondo stesso degli oneri
pensionistici in discussione; i criteri di quantificazione della spesa, precisando gli oneri derivanti direttamente
da sentenza passata in giudicato, quelli derivanti dall’estensione dei giudicati ai soggetti in analoghe condizioni,
quelli eventualmente inerenti a soggetti le cui istanze giurisdizionali siano state rigettate; la posta di bilancio di
imputazione degli oneri e gli specifici mezzi di copertura, entrambi debitamente attestati dalla Ragioneria».
La Regione Siciliana ha risposto entro il termine assegnato da questa Corte, allegando, nell’ambito di una
copiosa documentazione, un’attestazione del Ragioniere generale della Regione e una del Fondo Pensioni
Sicilia.
Il primo attestato precisa che la posta di imputazione degli oneri discendenti dalla predetta normativa è il
capitolo di spesa n. 108170 (Somme per il pagamento del trattamento pensionistico sostitutivo e integrativo
agli ex dipendenti dell’EAS in liquidazione da erogare tramite il fondo pensioni Sicilia). Le risorse appostate al
predetto capitolo secondo detta attestazione ammontano a euro 2.464.883,40 per l’anno 2018; a euro
2.408.325,25 per l’anno 2019 e a euro 2.380.533,93 per l’anno 2020 e, per quel che si dirà più appresso,
risultano capienti rispetto al fabbisogno attestato dal Fondo Pensioni Sicilia.
Quest’ultima attestazione, della quale si riportano i passi più significativi, informa che l’art. 67 della legge della
Regione Siciliana 7 maggio 2015, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2015. Legge di
stabilità regionale) «ha posto a carico del Fondo l’erogazione della pensione sostitutiva agli ex dipendenti EAS
ormai in quiescenza, individuando, al contempo, le fonti finanziarie per l’assolvimento di tale onere
pensionistico a carico dell’Amministrazione Regionale […]. Questo Fondo Pensioni, in esecuzione di quanto
disposto dall’art. 45 della L. r. n° 8/2018, ha richiesto, con nota prot. 18427 del 5.6.2018, al Commissario
Liquidatore dell’Ente Acquedotti Siciliano di fornire agli Uffici del Fondo, l’elenco dei dipendenti EAS, collocati
in quiescenza e già titolari di trattamenti pensionistici integrativi. […] Il Commissario Liquidatore dell’EAS, con
nota prot. 13032 del 10.7.2018, ha provveduto a trasmettere l’elenco richiesto indicando, altresì, l’importo del
trattamento pensionistico integrativo percepito dagli stessi, escludendo, ex art. 45 2° comma, il personale con
qualifica dirigenziale e i superstiti degli aventi diritto […]. Questo Fondo Pensioni, sulla base degli elenchi
ricevuti e in riferimento agli importi calcolati dall’EAS, ha provveduto a richiedere, con nota prot. 29104 del
14.9.2018, al Dipartimento della Funzione Pubblica e del Personale il trasferimento dei fondi, pari a €
2.334.000,00, necessari per procedere all’erogazione dei trattamenti pensionistici sopra indicati […]. A seguito
del trasferimento delle citate somme, questo Fondo ha erogato il trattamento pensionistico integrativo nella
misura determinata dall’Ente Acquedotti Siciliano, la cui copertura finanziaria era corretta e non ha generato
da parte dei beneficiari alcuna contestazione. […] Ad oggi nessuna sentenza di condanna a carico del Fondo
Pensioni è stata pronunciata a favore delle categorie dei soggetti indicati al 2° comma dell’art. 45, personale
dirigenziale e personale superstite degli aventi diritto, per l’eventuale recupero di ratei pensionistici a far data
dall’entrata in vigore della L. r. n° 8 del 2018».
5.1.– Alla luce delle risultanze istruttorie, le censure rivolte all’art. 45 in riferimento agli artt. 81, terzo comma,
e 117, terzo comma, Cost., quest’ultimo in materia di coordinamento della finanza pubblica, non sono fondate.
Dalla documentazione presentata dalla Regione Siciliana, infatti, risulta che lo stanziamento del bilancio
regionale – come fissato dalla legge finanziaria impugnata – è stato sufficiente a fronteggiare il fabbisogno del
Fondo Pensioni Sicilia per la causale oggetto della presente controversia. Inoltre, dalla relazione del Fondo
Pensioni Sicilia emerge che detto Fondo risulta onerato da disposizioni regionali, tuttora vigenti e mai in
precedenza impugnate dallo Stato, a corrispondere il trattamento di quiescenza in esame. Neppure risultano
dedotti nel ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri elementi di fatto e di diritto in grado di smentire le
risultanze istruttorie acquisite da questa Corte.
6.– Il terzo nucleo di questioni di legittimità costituzionale riguarda i commi da 2 a 17 e 25 dell’art. 99 della
legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, i quali prescrivono che: «2. Al fine di superare le criticità conseguenti
all’emergenza idrica, alla città di Messina, per le attività di ricerca idrica e la realizzazione delle opere di
approvvigionamento idrico, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di 20.000 migliaia di euro, a
valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. 3.
Per l’abbattimento delle barriere architettoniche è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
10.000 migliaia di euro a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020, di cui 5.000 migliaia di euro riservati agli enti locali e 5.000 migliaia di euro a
soggetti privati. Le risorse sono assegnate con bando emanato dall’Assessorato regionale della famiglia, delle
politiche sociali e del lavoro con priorità per gli edifici scolastici e per gli immobili destinati a sede istituzionale
per i servizi municipali o politico-istituzionali. 4. Al fine di consentire l’adeguamento delle strutture e delle
prestazioni sanitarie in conformità alle finalità di cui al comma l, lettera h), e al comma 3 dell’articolo 6 della
legge regionale 14 aprile 2009, n. 5, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018 e per ciascun anno seguente, la
somma di 3.000 migliaia di euro per il potenziamento dei presidi ospedalieri ricadenti nelle zone classificate ad
alto rischio ambientale, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 5. Al fine di bonificare e valorizzare l’area ex Sanderson ricadente nel
territorio della città di Messina, è destinata al comune di Messina, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
25.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 6. Per la realizzazione delle opere previste dalla legge regionale 6 luglio
1990, n. 10 e successive modifiche e integrazioni, è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di
40.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo
Complementare (POC) 2014/2020. 7. Per le finalità di cui alla legge regionale 29 aprile 2014, n. 10 è destinata,
per l’esercizio finanziario 2018, la somma di 50.000 migliaia di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la
coesione (FSC) 2014/2020. 8. Con bando dell’Assessorato regionale della salute, ai comuni singoli o associati,
con priorità alle città metropolitane, per la realizzazione dei rifugi sanitari di cui all’articolo 20 della legge
regionale 3 luglio 2000, n. 15 e successive modifiche ed integrazioni, è destinata, per l’esercizio finanziario
2018, la somma di 20.000 migliaia di euro, a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma
Operativo Complementare (POC) 2014/2020. 9. Per l’esercizio finanziario 2018, sono destinate ai comuni la
somma di 9.500 migliaia di euro per la redazione dei piani regolatori generali e la somma di 4.500 migliaia di
euro per la redazione dei piani di utilizzo del demanio marittimo (PUDM), a valere sul Fondo per lo Sviluppo e la
Coesione (FSC) 2014/2020. 10. Per le finalità di cui all’articolo 13 della legge regionale 29 settembre 2016, n.
20, come modificato dall’articolo 21, comma 5, della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8, è destinata, per
l’esercizio finanziario 2018, la somma di 24.000 migliaia di euro a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione
(FSC) 2014/2020. 11. Per la realizzazione di impianti sportivi e per gli interventi di recupero edilizio di impianti
sportivi esistenti è destinata, per l’esercizio finanziario 2018, la somma di 13.000 migliaia di euro a valere sui
fondi del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. 12. Per la
riqualificazione di impianti sportivi già esistenti di proprietà degli enti locali, è destinata, per l’esercizio
finanziario 2018, la somma di 25.000 migliaia di euro a valere sui fondi del Piano di Azione e Coesione –
Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020. 13. Per le finalità di cui all’articolo 31 della legge
regionale 14 maggio 2009, n. 6 e successive modifiche e integrazioni, è destinata, per l’esercizio finanziario
2018, la somma di 20.000 migliaia di euro a valere sulle risorse derivanti dai fondi del primo ambito di
intervento del Piano di completamento del Documento di programmazione finanziaria del Fondo per lo
sviluppo e la coesione (FSC) 2014/2020, secondo le procedure adottate con delibera CIPE 28 gennaio 2015, n.
10. 14. Per le finalità di cui all’articolo 9 della legge regionale 9 maggio 2017, n. 8, a valere sui fondi del Piano di
Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020, è destinata la somma 50.000
migliaia di euro per il finanziamento, previa selezione con modalità di evidenza pubblica, di progetti d’importo
complessivo fino a 5 milioni di euro promossi da partenariati pubblico-privati composti da comuni, con priorità
per quelli ricadenti nelle Città metropolitane, e soggetti gestori di strutture di cui al Dec. Ass. 13 ottobre 1997
dell’Assessore regionale per la sanità, e successive modifiche ed integrazioni, ovvero di strutture residenziali
per disabili di cui al D.P.Reg. 25 ottobre 1999 e successive modifiche ed integrazioni, nonché di strutture di cui
all’articolo 1 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39 e successive modifiche ed integrazioni, già
accreditati con il Servizio sanitario regionale, per la realizzazione di interventi per la residenzialità (“Villaggi del
Dopo di Noi”) di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c) della legge 22 giugno 2016, n. 112. Con decreto
interassessoriale dell’Assessore regionale per la salute e dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche
sociali e per il lavoro, da emanarsi entro il termine inderogabile di 90 giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono definiti i requisiti strutturali ed organizzativi della residenzialità ed i criteri di priorità per
l’accesso ai benefici di cui al presente comma. 15. Al fine di promuovere il recupero, la tutela e la valorizzazione
del patrimonio storico, architettonico e monumentale dei centri dove insistono siti oggetto di riconoscimento
da parte dell’Unesco, è istituito presso l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana un
fondo con dotazione pari a 10.000 migliaia di euro, per l’esercizio finanziario 2018, a valere sui fondi del Piano
di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020 in favore dei comuni che
abbiano adeguato i piani di gestione dei siti siciliani iscritti nel patrimonio Unesco e i cui comitati di pilotaggio
siano regolarmente costituiti entro e non oltre il 31 dicembre 2018. I comuni nel cui territorio ricadono i beni
delimitano, con delibera del consiglio comunale, l’area all’interno della quale effettuare, anche con il concorso
di privati, gli interventi di recupero, tutela e valorizzazione. 16. A valere sulle risorse del Fondo di Sviluppo e
Coesione 2014/2020, per l’esercizio finanziario 2018, è destinata la somma di 50.000 migliaia di euro per
l’incremento del fondo destinato all’esecuzione di opere e spese di carattere straordinario di interesse di enti di
culto, per un piano di intervento da attuare con bando di selezione dell’Assessorato regionale delle
infrastrutture e della mobilità. 17. Al fine di tutelare e valorizzare il complesso monumentale della Fornace
“Penna”, l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana è autorizzato ad avviare le procedure
di esproprio per l’acquisizione al patrimonio regionale del complesso monumentale Fornace “Penna”, quale
bene di archeologia industriale. Per le finalità del presente comma è destinata la somma di 500 migliaia di euro,
per l’esercizio finanziario 2018, a valere sulle risorse derivanti dal Fondo di Sviluppo e Coesione 2014/2020. […]
25. Per le finalità di cui ai commi 20, 21, 22 e 23 si provvede, fino a 5.000 migliaia di euro, a valere sulle risorse
derivanti dal Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) 2014/2020».
6.1.– I commi 2, 3, 4, 5, 6, 8, 11, 12, 14, 15 e 25 del censurato art. 99 risulterebbero, secondo lo Stato, in
contrasto con l’art. 81, terzo comma, Cost. perché non avrebbero idonea copertura finanziaria «in quanto le
risorse del Piano di Azione e Coesione – Programma Operativo Complementare (POC) Regione Siciliana
2014/2020 sono programmate ai fini della realizzazione degli interventi approvati dalla delibera ClPE n.
52/2017, che il comma 1 fa espressamente salvi e impregiudicati». D’altronde, le previsioni secondo cui
«[l]’Assessorato regionale delle attività produttive è autorizzato a concedere con bando contributi […] a valere
sulle risorse PO FESR Sicilia 2014/2020» (comma 18) e «[l]’Assessorato regionale dell’agricoltura, dello sviluppo
rurale e della pesca mediterranea è autorizzato a concedere con bando contributi […] a valere sulle risorse PO
FEAMP 2014/2020» (comma 19) non costituirebbero coperture finanziarie idonee per gli obiettivi previsti dai
commi impugnati, in quanto non in linea con la normativa dell’Unione europea sui Fondi strutturali e di
investimento europei (SIE) 2014-2020.
Contrasterebbero altresì con l’art. 81, terzo comma, Cost. i commi 7, 9, 10, 13, 16 e 17 dell’art. 99 della legge
reg. Siciliana n. 8 del 2018, «che finalizzano risorse a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2014-2020, nel
presupposto che le risorse che la Regione intende riprogrammare siano quelle assegnate alla Regione Siciliana
con la delibera n. 26 del 10 agosto 2016 per il finanziamento degli interventi ricompresi nel Patto di sviluppo
sottoscritto con il Governo il 10 settembre 2016 [poiché la loro disponibilità] non può considerarsi certa fino
all’espletamento della procedura di riprogrammazione».
Secondo la Regione Siciliana, la riprogrammazione non sarebbe di immediata applicabilità, ma abbrevierebbe i
tempi in vista di un’eventuale rimodulazione degli interventi approvati con la delibera n. 52 del 2017 e
analogamente avverrebbe per le risorse provenienti dal Fondo per lo sviluppo e coesione inerenti al periodo
2014-2020.
6.2.– Anche in questo caso era stato ritenuto che, «in ordine alle contrapposte argomentazioni delle parti in
causa, emerge l’esigenza di acquisire ulteriori elementi di conoscenza, essendo evidente che l’iscrizione in
bilancio e la destinazione specifica dei fondi strutturali non possono avere solo “natura programmatoria” e
devono essere comunque coerenti con la disciplina generale di tali fondi. In particolare, non risulta indicato
analiticamente il regime giuridico dei diversi fondi incisi dal mutamento di destinazione, di tal che non è
possibile verificare se i nuovi obiettivi previsti dal citato art. 99 siano compatibili con tale regime e, in quanto
tali, perseguibili con le risorse afferenti a tali fondi. Pertanto, anche in ordine a tali elementi si rende necessario
ordinare incombenti alle parti, di indicare le ragioni che – a loro avviso – rendono compatibile o meno la
disciplina giuridica delle risorse previste dalle norme impugnate con le nuove destinazioni e con il parametro di
cui all’invocato art. 81, terzo comma, Cost.» (sentenza n. 197 del 2019).
I relativi incombenti sono stati specificati prescrivendo nell’ordinanza istruttoria allegata alla sentenza n. 197
del 2019 che: «c.1.) la Regione Siciliana rediga un analitico prospetto sinottico contenente il raffronto tra
l’originaria destinazione dei fondi strutturali e quella prevista dalle nuove ipotesi di cui al richiamato art. 99;
indichi inoltre – per ciascun comma impugnato dallo Stato – la provenienza dei suddetti fondi (strutturali
europei, nazionali di coesione, eventualmente regionali); indichi, altresì, se la disciplina inerente all’impiego
degli stessi fondi sia, con riguardo alla loro provenienza, differenziata ovvero uniforme; c.2.) il Ministro
dell’economia e delle finanze precisi analiticamente se i mutamenti di destinazione dei fondi strutturali previsti
nell’art. 99 siano compatibili con le norme che ne regolano l’utilizzazione; inoltre, indichi quantitativamente –
con riferimento al suddetto art. 99 – le risorse assegnate per l’esercizio 2018 in quota fondi europei e in quota
fondi nazionali di coesione, precisando se la disciplina inerente all’impiego dei suddetti fondi sia, con riguardo
alla loro provenienza, differenziata ovvero uniforme».
6.3.– La Regione Siciliana ha inviato entro il termine assegnato un quadro estremamente analitico degli
interventi oggetto del contestato art. 99 e dai riferimenti ivi contenuti si evince che tutti gli interventi sono
riconducibili alla disciplina del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17
dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale
europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli
affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale
europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Gli esiti dell’istruttoria non hanno consentito di superare tutte le incognite circa l’esatto e puntuale rispetto dei
procedimenti legislativi e amministrativi necessari per il proficuo impiego dei fondi il cui espletamento appare
quanto meno in ritardo. Peraltro la documentazione inviata ha messo in luce il concreto pericolo che i tempi
del coordinamento statale in tema di utilizzazione dei fondi europei siano ormai incompatibili con la loro
proficua spendita, secondo quanto previsto dalla disciplina europea.
Va detto, innanzitutto, che l’analitico elaborato presentato dalla Regione Siciliana indica scopi e caratteri delle
singole iniziative compatibili in astratto e sostanzialmente conformi alla disciplina e alle finalità dei Fondi
europei interessati all’istruttoria.
In sostanza, gli elementi prodotti dalla Regione Siciliana inducono a ritenere che non vi siano preclusioni
assolute alla spendita delle risorse relative ai fondi in questione per le finalità analiticamente indicate dalle
disposizioni impugnate, ma che la loro utilizzazione sia subordinata all’acquisizione di alcuni elementi necessari
per la concreta attuazione degli interventi. La Regione ribadisce in proposito che si tratterebbe solo di
rimodulazioni interne ai programmi non comportanti una revisione degli obiettivi strategici o una modifica
della dotazione finanziaria, ma semplicemente la riduzione dei tempi del procedimento di avvio della fase
attuativa.
D’altra parte, se non si può negare consistenza all’argomento dello Stato, secondo cui per l’eventuale nuova
finalizzazione delle risorse assegnate alla Regione Siciliana occorre passare attraverso un corretto processo di
riprogrammazione, non può tuttavia sottacersi che lo stesso debba intervenire tempestivamente secondo la
necessaria regìa statale.
Sotto tale profilo è utile ricordare le prescrizioni contenute nell’art. 3 («Disposizioni attuative e monitoraggio»)
della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 10 luglio 2017, n. 52,
richiamata nelle memorie della Regione resistente, ove si prevede che, «[i]n conformità con quanto disposto
dalla delibera n. 10/2015, in caso di eventuali rimodulazioni finanziarie che non comportino una revisione degli
obiettivi strategici e/o una modifica della dotazione finanziaria complessiva, provvedono congiuntamente la
Regione Siciliana, quale Amministrazione titolare del Programma, e il Dipartimento per le politiche di sviluppo e
coesione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, quale Amministrazione responsabile del
coordinamento dei Fondi SIE di riferimento».
La Regione Siciliana, peraltro, si dichiara disponibile a modificare adeguatamente tutte le disposizioni
impugnate in conformità con le richieste statali che dovessero pervenire sia sotto forma di ulteriori delibere del
CIPE, sia sotto forma di specifiche richieste del Ministero dell’economia e delle finanze.
Pur avendo l’istruttoria confermato che permangono criticità circa il perfezionamento dei procedimenti che
dovrebbero condurre alla proficua utilizzazione dei fondi europei, esistono fondate ragioni a favore del rigetto
delle censure dello Stato. Si rende, in questo caso, necessario un bilanciamento tra l’interesse finanziario
primario alla corretta utilizzazione e spendita dei fondi in modo conforme alla disciplina europea e quello
inerente alla corretta sequenza dei procedimenti amministrativi che, alla data odierna, avrebbero dovuto
essere ormai perfezionati attraverso la leale cooperazione tra Stato e Regione.
A ben vedere, dall’accoglimento del ricorso dello Stato non potrebbe che derivare un’ulteriore stasi, che
pregiudicherebbe in modo quasi certamente definitivo l’utilizzazione dei fondi europei. È bene infatti ricordare
che tutti i fondi europei in discussione si riferiscono al periodo 2014-2020 e che la relativa disciplina fissa al 31
dicembre 2023 il termine ultimo per presentare i pertinenti rendiconti all’Unione europea.
Per il ciclo di programmazione economica 2014-2020, il regolamento n. 1303/2013/UE vincola infatti le
amministrazioni titolari di programmi operativi a presentare «alla Commissione europea richieste di rimborso
relative a spese sostenute e controllate entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all’impegno di bilancio
riferito ai programmi medesimi. Ove entro quella data non sia stata utilizzata una parte dell’importo in un
programma operativo, per il pagamento del prefinanziamento iniziale e annuale e per i pagamenti intermedi, o
non siano state presentate richieste di rimborso, la Commissione “procede al disimpegno” (art. 136, comma 1,
del citato regolamento). Analogamente, il comma 2 del medesimo art. 136 dispone che “La parte di impegni
ancora aperti al 31 dicembre 2023 è disimpegnata qualora la Commissione non abbia ricevuto i documenti
prescritti”» (sentenza n. 5 del 2020).
Con riguardo agli interventi finanziati anche solo parzialmente con «fondi europei e/o fondi strutturali», questa
Corte ha, anche recentemente, affermato la primazia dell’interesse ad assicurare l’effettiva utilizzazione da
parte della Regione, nell’arco temporale previsto dal regolamento, delle descritte fonti di finanziamento, che
costituiscono i principali strumenti finanziari della politica regionale dell’Unione europea (sentenza n. 5 del
2020).
Tenuto conto che, ai sensi del regolamento europeo precedentemente richiamato, il disimpegno dei fondi
avviene entro tre anni dall’impegno formale senza presentare l’apposito rendiconto e che la presente
controversia si colloca nel segmento finale del tempo messo a disposizione dall’Unione europea per usufruire
dei fondi, è chiaro che la pretesa dello Stato di assicurare comunque la pregiudizialità di una nuova delibera del
CIPE risulta intempestiva, in relazione a un cronoprogramma normativo già disatteso quanto alla fisiologica
tempistica.
Allo stato delle cose, va precisato che il principio di leale cooperazione che deve ispirare necessariamente le
relazioni tra Stato e Regioni impone che il procedimento concertato, previsto dalla delibera CIPE
precedentemente richiamata, o analogo procedimento semplificato, venga messo rapidamente in atto da
entrambe le parti e tradotto nei provvedimenti, comunque indefettibilmente necessari per evitare il
disimpegno dei fondi in esame.
In definitiva, fermo restando che l’avvio e la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 99 della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2018 dovrà avvenire previo perfezionamento di tutti gli atti propedeutici all’utilizzazione delle
risorse secundum legem, le censure formulate dal Presidente del Consiglio dei ministri devono ritenersi non
fondate in ragione della prioritaria necessità di procedere all’impegno e all’attuazione degli interventi entro le
scadenze improrogabilmente previste dalla normativa europea.
Sulla base di tali considerazioni, e nei termini già precisati, deve essere dichiarata non fondata la questione di
legittimità costituzionale sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri nei confronti dell’art. 99, commi da
2 a 17 e 25, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse con
il ricorso indicato in epigrafe;
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, commi 4 e 5, della legge della Regione Siciliana 8 maggio
2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale);
2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, commi 4 e 5, della legge reg.
Siciliana n. 8 del 2018, promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 45 della legge reg. Siciliana n. 8 del
2018, promosse, in riferimento agli artt. 81, terzo comma, e 117, terzo comma, Cost., dal Presidente del
Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara non fondate, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 99, commi da 2 a 17 e 25, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, promosse, in riferimento all’art. 81,
terzo comma, Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 gennaio 2020.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Aldo CAROSI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2020.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA